Forza Italia: sotto il partito, niente – di Marco Manfredini

Si dice sempre che la sinistra è autolesionista, e lo è indubbiamente; ma almeno un paio di cose i progressisti le sanno fare bene: monopolizzare la cultura e occupare i posti di potere.

Non altrettanto si può dire della cosiddetta destra. Questa negli ultimi tempi ha saputo meglio individuare gli umori, le necessità, le frustrazioni, la rabbia, i mal di pancia del popolo. È risaputo infatti che secondo i suoi detrattori essa raccoglie il voto “di pancia”. Ad essere cattivi si potrebbe rispondere che se il populismo destro-grillista raccoglie il voto di pancia, il sinistrismo chic-capalbiese raccoglie il voto di chi ragiona con un’altra parte del corpo che in ordine cronologico digestivo viene un po’ dopo la pancia. Ma qua non si fanno grevi insinuazioni. Al massimo gravi constatazioni.

Dicevamo che alla maggior propensione a comprendere cosa interessa davvero alla gente comune, non corrisponde una altrettanto sviluppata capacità a dotarsi di mezzi idonei per adempiere gli obiettivi necessari. In particolare si nota la difficoltà nel preparare il terreno culturale perché anche le idee buone possano essere propagate e divenire (o in molti casi rimanere) patrimonio comune.

Dai luoghi di vacanza siamo più portati a lasciare andare l’immaginazione. Immaginiamo il momento in cui zio Silvio riceve il nome che Lega e 5Stelle hanno scelto per la presidenza Rai, e il suo sobbalzo sui tacchi:

Ma che, scherziamo? Alla presidenza Rai un vero giornalista? Uno tra i più competenti e tra i pochi che non hanno soggezione dei poteri forti? Uno che smaschera le vere fake-news, cioè quelle diffuse dai governi proni agli euroburocrati e al soldo delle oligarchie finanziarie mondialiste, cioè coloro che tra l’altro mi hanno sempre ostacolato quando tentavo di fare l’interesse del mio paese, al punto da mandare a casa un legittimo governo voluto dagli italiani e da me guidato, instaurando tramite colpo di stato strisciante una dittatura tecnocratica durata diversi anni, e che ha fatto macelleria sociale ed industriale del nostro paese? Perché mai dovremmo votare uno che ha già lavorato per me al Giornale dimostrandosi uno dei migliori, che non si fa ingannare, non lecca c..i a destra e a manca, sta dalla parte del popolo, della verità, del giornalismo watch-dog, dell’Italia, del buon senso, e indossa pure giacca e cravatta? Ma secondo voi io posso votare uno del genere? Cosa vi credete, io ho una tradizione da difendere, io sono uno che ha (man)tenuto Emilio Fede alla guida del TG4 per 20 anni! Sono uno che (man)tiene la De Filippi da tempo immemore, per non parlare di suo marito. E tutti i servizi culturali di Studio Aperto? E Barbara D’Urso dove la mettiamo? Cribbio!

Non possiamo sapere se Foa alla presidenza Rai sarebbe stato in grado di ribaltare la televisione pubblica come un calzino o almeno di iniziare a raddrizzare le diverse cose che non possiamo più accettare, ma un’occasione come questa chissà quando ci ricapiterà ancora.

Abbiamo perso un’occasione per provare ad avere, ad esempio, un’informazione più attendibile. Forse più imparziale. Ma andava bene anche più parziale, purché dalla parte giusta. In fondo cosa hanno sempre fatto gli altri che oggi si scandalizzano delle nomine negli enti pubblici? La loro verginità è meno credibile di quella eventualmente rivendicata un “attore” come Rocco Siffredi giunto all’età della pensione.

Abbiamo perso l’occasione per avere una programmazione a livello di fiction che non sia un continuo lavaggio del cervello volto a fare accettare ad un popolo un po’ refrattario la presunta naturalezza dei rapporti contro natura.

Abbiamo perso l’occasione di avere uno che proviene sì dall’area di centro-destra, ma non ha mai avuto problemi a denunciare le malefatte da qualunque parte esse provengano, a partire ad esempio da quelle dei neocon americani. Uno che non ha nessun complesso nei confronti dei pen(s)osi opinionisti progressisti, fedeli a qualsiasi causa purché sia nociva per l’uomo qualunque e favorevoli alle direttive di chi conta.

Un professionista di livello insperato. Uno che ci ha spiegato i principi chiave dell’informazione di regime, qualunque esso sia. Uno che ci ha “confidato”:

Eppure, dopo alcuni anni nella professione, alcuni giornalisti – pochi per la verità – si accorgono che qualcosa stride […]. Notano che una parte delle notizie pubblicate con enfasi non corrisponde alla realtà. Lanciano grandi titoli su stragi che a distanza di mesi non risultano tali; esaltano gesta eroiche che poi scoprono essere state elaborate a tavolino; danno per certe le accuse formulate dai governi e ignorano quelle dei semplici cittadini, anche se con il tempo le seconde si rivelano più affidabili delle prime […][1]

E quella che appare come la descrizione plastica di tutti i talk-show, in particolare quando si discute di economia:

Si rendono conto che più si parla di un argomento e meno la gente capisce; che pagine e pagine monotematiche e ore di trasmissione non producono altro che disorientamento.

Uno consapevole che:

Non siamo noi a condizionare o addirittura sovrastare i politici, perlomeno non nella misura da noi creduta, ma sono loro a orientare la nostra percezione del mondo; loro ad usare a proprio vantaggio il nostro ipotetico strapotere, sovente con la nostra involontaria complicità. Ci riescono avvalendosi degli esperti di comunicazione più spregiudicati, gli spin doctor.

Uno capace di descrivere l’influenza avuta dall’ideologo storico degli “spin”, nonché nipote di Freud, Edward Bernays, che nella sua opera “L’ingegneria del consenso” affermava il principio base di questa tecnica, oggi ampiamente sfruttata da governi, movimenti politici, grandi aziende, finanza:

“Se capisci i meccanismi e le logiche che regolano il comportamento di un gruppo, puoi controllare e irregimentare le masse a tuo piacimento e a loro insaputa”.[2]

È stato accusato spesso di complottismo, ma ha sempre mantenuto una visione lucida ed equilibrata:

Tu, giornalista, dovresti osservare la realtà con spirito critico ma non prevenuto, svincolandoti tanto dalle visioni convenzionali del cosiddetto giornalismo mainstream, quanto da quelle estreme che sfociano in una visione paranoica della realtà.

È stato accusato per le sue critiche twittate a Mattarella, ma questo per chi ha ascoltato con orecchie e cervello aperto l’irricevibile discorso “scaccia-Savona” del 27 maggio non può che rappresentare un’enorme medaglia al merito. Cosa si poteva fare di meno che esprimere disgusto per quelle parole?

Sulla Stampa hanno scritto, con evidente disprezzo:

In vita e opere del nuovo presidente della Rai, Marcello Foa, c’è tutta la mutazione genetica della destra italiana negli ultimi vent’anni. Uno parte montanelliano, occidentale, moderato, europeista e arriva in viale Mazzini sovranista, putiniano, salviniano e, in generale, tutto meno che moderato.[3]

Prendiamo questa sintesi, ribaltandone l’intenzione, come ulteriore medaglia.

Un sovranista, putiniano, antieuropeista, antimoderato, antigender. Ecco l’occasione che abbiamo perso.

E tutto questo grazie alla notoria incapacità della destra di occupare i posti giusti con le persone giuste, e in particolare grazie a Silvio. Se qualche amico cattolico di buona volontà, per qualche inspiegabile ragione, fosse rimasto legato a Forza Italia anche dopo le ultime elezioni, questa è l’ultima prova. Se dopo questa non avete capito che non c’è più nulla da fare, siete irrecuperabili. Potreste votare direttamente il PD che il risultato sarebbe il medesimo.

Non siamo inclini al complotto facile, per cui non sapremmo dire se il rifiuto a Foa sia dovuto principalmente ad un capriccio del cav. nei confroti di Salvini “che non lo aveva consultato prima” o per chissà quali altri sotterfugi con Renzi o il PD per ostacolare il governo nella speranza, invero sempre più remota, di poterne un giorno formare un altro insieme.

L’unica certezza ormai riguarda l’assoluta e conclamata inutilità di ciò che rimane di una formazione che, non per nulla, tra i possibili successori del capo ha avuto personaggi che vanno da Casini a Fini, da Alfano a Dudù, da Toti a Carfagna, da Parisi a Tajani. Capite la levatura.

Forza Italia, sotto il partito, niente.

 


[1]Gli stregoni della notizia – atto secondo, di Marcello Foa, Ed. Guerini e Associati, 2018.

[2]Sempre citato nel saggio di Foa.

[3]I tweet contro Mattarella, primo inciampo per Foa, di Alberto Mattioli, La Stampa, 28/07/2018.

8 commenti su “Forza Italia: sotto il partito, niente – di Marco Manfredini”

  1. Mai votato, e adesso capisco perché: un’istintiva repulsione verso il viscido, il basso, il tristo partito di un personaggio terra-terra verniciato da caricatura del tycoon anni ’80. Un’altro giro di questa povera Italia verso l’abisso.

  2. È da tempo che va covando il nuovo partito renziano che dovrà fagocitare quel che rimarrà di Forza Italia. La scena politica italiana è ormai stravolta. Da una parte i sovranisti (Lega, Fratelli d’Italia e qualche scheggia pentastellata), dall’altra i globalisti. Il Cav. non ha capito, a differenza dei grandi campioni, quand’era ora di ritirarsi. Certo, questa vicenda dimostra tante cose, per chi voglia comprenderle, e anche che uno come Foa rimane un lusso che non viene concesso al popolo italiano, gabbato e tassato.

  3. Il cavaliere aveva una grossa possibilità per marginalizare ed annientare la sinistra vero cancro del ns. Paese insieme ai catto comunisti. Poteva, pur con la sua vita privata scellerata essere “paladino ” delle istanze cattoliche e dei valori non negoziabili invece ha pensato ai propri interessi distruggendo il centro destra. Le parole della Sacra Scrittura che dice che se taceremo parleranno le pietre contestualizzate in politica fanno capire che il tradimento dei politici cattolici ha fatto uscire fuori la Lega di Salvini: chi pensava qualche hanno fa che proprio la Lega che era pagana, ora è l’unico partito che difende le istanze cattoliche?

  4. L’ex massone Gianfranco Carpeoro spiega che a far saltare l’accordo sull’incarico a Foa sia stata una telefonata di Attali a Napolitano dirottata a Tajani, poi quella di Tajani a Berlusconi e infine quella definitiva di Attali a Berlusconi. Il cavaliere non avrebbe saputo dire di no alla richiesta del gran massone.

  5. Articolo fazioso al 1000% – Non sono di destra e non ho mai votato, ne voterò mai per Silvio Berlusconi. Ma se vogliamo essere onesti non è il “Cavaliere” che ha tradito il centro destra, ma il nostro caro ministro degli interni e i suo leccapiedi, pur di sedere su una poltrona.

  6. Forza Italia non è di “destra” almeno sul piano politico. La sua cultura politica è di impronta sinistroide e progressista, ma al contempo è liberista in economia. E’ collocata nel centro-destra semplicemente per svolgere la stessa funzione della DC nella Prima Repubblica, ovvero prendere voti a destra e fare politiche a sinistra. In questi 25 anni, chi è di destra ha, ahinoi, commesso lo stesso errore di chi votò per la DC, ovvero votare FI, e vedeva Berlusconi come una sorta di leader di una nuova destra nazionale. Il calo di consensi di FI, che in tempi passati raggiungeva anche il 30% dei voti, dimostra che finalmente la gente lo ha compreso, seppur molto tardi.

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