Greta e il clima. Quando i bambini fanno oh – di Roberto Pecchioli

Il caso di Greta Thurnberg, la ragazzina svedese diventata l’icona della crociata sul clima, sino allo sciopero con l’applauso scrosciante dei “superiori”, ricorda molto il film Idiocrazia di Mike Judge. In qualche misura, ne è un sequel adattato alla realtà. Una voce fuori campo dà inizio alla pellicola dicendo più o meno così: “Le opere di fantascienza pronosticavano un futuro più prospero e più intelligente, però, a mano a mano che il tempo passava, le cose andarono nella direzione di un indebolimento delle facoltà cognitive. L’evoluzione non sempre premia l’intelligenza. Poiché non c’erano in natura predatori capaci di decimare il gregge, l’evoluzione cominciò a premiare coloro che si riproducevano di più”. Nel film si descriveva uno scenario distopico in cui la maggiore prolificità degli sciocchi aveva abbassato il livello dell’intelligenza umana.

La tesi generale era antinatalista, neomalthusiana e tecnocratica, nonché viziata dal pregiudizio evoluzionista, gli stessi elementi che si ritrovano nel movimento di cui Greta è diventata simbolo. I “nuovi idioti” vengono condizionati attraverso la ripetizione di messaggi generici, autoevidenti, di facile presa, e sconsigliati ad esercitare un pensiero critico attraverso il conformismo e la potenza mediatica. È in azione una sorta di bullismo a carico di milioni di giovani da parte dei padroni del mondo, uccelli rapaci travestiti da candide colombe. Talmente chiaro è l’imbroglio, così evidente la manipolazione, da lasciare senza fiato per il successo dell’operazione. I pifferai di Hamelin postmoderni hanno vinto ancora.

Il pifferaio dei fratelli Grimm, per vendicarsi dei cittadini che non lo avevano pagato, riuscì con la sua musica ad irretire i bambini della città portandoli via per sempre. Greta è insieme modello e vittima di un meccanismo di inganno planetario dei padroni del mondo intenti a ricondizionare le nostre menti, rielaborare la visione del mondo dei più giovani, la cui mancanza di filtri e capacità critica li rende prede ideali di un ripugnante lavaggio del cervello. Seguono Greta come un gregge al suono del piffero, applaudono e ripetono la lezioncina. Ricordate la canzone di Povia? “Quando i bambini fanno oh che meraviglia, che meraviglia ma che scemo, vedi però però, e mi vergogno un po’ perché non so più fare oooooooh”. Nel caso di Greta e della battaglia sul clima, si utilizza la naturale meraviglia dei più giovani, il loro candore per costruire un imbroglio di colossale portata.

Il pifferaio globale ha scelto perfettamente la “testimonial” della causa che intende far avanzare: una ragazzina con le treccine proveniente da una nazione, la Svezia, considerata, nel giudizio comune, non l’inferno di solitudine e il deserto morale che è, ma un avanzato, invidiabile laboratorio sociale. Greta è femmina, anche il genere vuole la sua parte, soffre da anni per il clima impazzito, la sindrome di Asperger la rende impermeabile al ragionamento critico con elementi di ripetitività ossessiva. Il suo cruccio, forse la sua fissazione, è il cambio climatico, strano per una ragazzina, ma assai utile per i padroni del mondo che si sono impossessati del personaggio e, ahimè, della sua sofferenza.

Lorsignori hanno condotto il pianeta sull’orlo di numerosi precipizi: l’inquinamento, lo sfruttamento sistematico delle risorse, la riduzione di milioni di esseri umani a strumenti, hanno nelle loro mani la gran parte delle risorse economiche e naturali, hanno reso tutti più poveri, precari, timorosi del futuro. Temono la rivolta sociale, si rendono conto che la corda è tesa oltre il massimo, sono terrorizzati dall’avanzata di nuove potenze economiche, sanno che il loro potere, per quanto immenso, è in pericolo. Lavorano per costruire una nuova generazione di servi che amino le catene, implorino una vita più austera, accettino un universo triste disinteressato a riprodurre se stesso, biologicamente e culturalmente. Nulla di meglio di una causa così bella, nobile e indiscutibile come la salvaguardia della terra dai cambiamenti climatici per riunire un esercito plaudente sin dalla più tenera età. Davvero incredibile come l’operazione riesca sempre: i più grandi piromani appiccano l’incendio, gridano al fuoco e li scambiamo per pompieri.

Nemmeno gli scienziati sanno se il riscaldamento del pianeta – dogma incerto – sia determinato dall’uomo o abbia origine naturale. L’inquinamento avanza ed è colpa nostra, di una visione della vita ostile al limite, centrata sulla ricchezza e i mantra inviolabili del progresso tecnico, dello sviluppo, della crescita misurabile in numerario, moneta sonante. I dittatori del PIL si sarebbero convertiti all’ambientalismo, alla difesa del pianeta, penderebbero tutti dalle labbra di una ragazzina un po’ disabile? Questo ci fanno credere, giacché un maggiordomo in livrea del potere finanziario come Jean Pierre Juncker dell’UE, tra una libagione e una riunione riservata, ha trovato il tempo di inchinarsi a Greta e farle il baciamano. L’élite internazionale del denaro riunita tra le nevi svizzere, il cosiddetto “partito di Davos” che decide per tutti a porte chiuse, l’ha invitata e ricevuta con tutti gli onori.

Alle porte di casa, in Svezia, i parrucconi del premio Nobel stanno pensando di conferirlo proprio a lei, probabilmente ignara dei risvolti dello strepito. Meno ignaro è il suo scaltro addetto alle relazioni pubbliche, e la corte dei miracoli che la segue e orienta, immatura marionetta di astuti pupari. Giovani che (forse) leggete queste righe e assistete alla gigantesca montatura, grancassa mediatica, retorica interattiva e multimediale, non vi puzza almeno un po’ tutto questo? Non vi sentite presi in giro, arruolati a forza in un esercito che va in guerra senza sapere qual è la causa, dov’è il nemico e chi è l’amico?

Un drammaturgo di qualche decennio fa, Bertolt Brecht, scrisse parole illuminanti: “Al momento di marciare molti non sanno che alla loro testa marcia il nemico. La voce che li comanda è la voce del loro nemico. E chi parla del nemico è lui stesso il nemico.” Greta, poverina, è la voce del nemico, il lupo di sempre che si traveste da agnello, potere finanziario, tecnologico, economico, culturale, l’oligarchia che ci manovra come burattini per i suoi scopi. Chi tra voi studia il latino – barbara anticaglia che “non serve” – ricorderà la favola di Fedro. Il lupo accusa l’agnello che sta sotto di lui di insudiciare l’acqua che doveva bere. Sapete come finì, il lupo mangiò l’agnello. Non vi dice nulla, non vi sentite agnelli sacrificati applaudendo il carnefice?

Il potere vi sta chiamando a lottare per qualcosa di molto generico, il clima, di cui non sapete – non sappiamo- nulla per consentirgli di modificare a vostre spese i modelli di sviluppo non più profittevoli per lui. Pensateci: non ingiusti o poco sostenibili, come vi fanno credere con Greta a suonare il piffero, ma non più profittevoli. Per continuare il gioco, devono portarvi dalla loro parte. In un romanzo del citato Brecht, un capo mafia comanda ai suoi seguaci: il lavoro deve essere legale. La legalità diventa parola d’ordine di un gangster. Devono cambiare in profondità il loro sistema, ma il conto deve rimanere a nostro carico. Saremo ancora più poveri e insicuri, ma dobbiamo credere che è per il clima, per il nostro bene, la salvezza del pianeta.

L’imbroglio è talmente sfacciato che se vi prestiamo fede, davvero l’Idiocrazia è al potere. Esilarante è il titolo del giornale della Fiat in cui si esaltano i ragazzini destinati a salvare il pianeta “inquinato dai loro genitori”. Peccato davvero che la Fiat sia l’industria italiana che ha più contribuito all’inquinamento italiano. Da che pulpito viene la predica, con la tecnica sempre più sfrontata di mettere gli uni contro gli altri. Uomini contro donne, nativi contro immigrati, figli contro genitori maledetti inquinatori, le vittime rovesciate in carnefici, i colpevoli salgono in cattedra ad impartire lezioni. Rivoltante.

L’allarme di Greta è giusto, il mondo non può andare avanti così, ma la soluzione non può essere nelle mani di chi ha provocato i disastri. Lo insegnava Einstein, non si risolve un problema con la stessa mentalità che l’ha generato. Noam Chomsky, uno degli intellettuali più influenti dell’ultimo mezzo secolo, enunciò le regole del potere per mantenere il controllo sociale. Le vogliamo ricordare, invitando chi legge a verificarne l’analogia con l’operazione di cui è protagonista Greta. Innanzitutto c’è la strategia della distrazione, deviare l’attenzione del pubblico attraverso la sovrabbondanza di informazioni e la creazione di falsi obiettivi. Il sistema crea il problema, enfatizza l’allarme, ma poi, bontà sua, ecco la soluzione, naturalmente semplice e alla portata di tutti. Agisce cambiando la realtà e la sua percezione con gradualità, rivolgendosi al pubblico come a dei bambini, utilizzando l’emotività, un corto circuito che evita l’analisi razionale e il senso critico. L’uso del registro emotivo è la porta di accesso all’inconscio, in cui impianta idee, desideri e timori, inducendo le reazioni e i comportamenti voluti.

Lo sciopero del clima è lampante: se i padroni del mondo chiedono di fermare le attività, agiscono contro se stessi e dovremmo chiederci a chi giova, ma un mezzo antico è mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella mediocrità, affinché non abbia gli strumenti intellettuali per comprendere i meccanismi usati per controllarlo, orientarlo, condizionarlo. Il corollario è stimolare la compiacenza per la mediocrità. Poi rafforzano il senso di colpa: siamo noi – non loro- i responsabili della nostra disgrazia, il clima lo abbiamo rovinato noi. Così ci deprimiamo, addio azione, addio reazione, siamo oggetti nelle mani del potere, poiché – è un altro degli espedienti svelati da Chomsky – il potere ci conosce meglio di quanto noi stessi ci conosciamo.

Greta, Giovanna d’Arco postmoderna, afferma che non si fermerà sino a quando le emissioni di gas a effetto serra non scenderanno sotto il livello d’allarme. Nobile proposito, ma l’effetto serra non è il clima, chi stabilisce qual è il livello d’allarme, e dove? Ci sono tanti silenzi imbarazzanti nella battaglia di Greta, che proviene, non dimentichiamolo, dalla parte di mondo più ricca. Prima abbiamo sfruttato, inquinato, depredato, adesso vogliamo impedire a miliardi di esseri umani di raggiungere il nostro livello di vita. È un risvolto inquietante negato a gran voce, ma chi siamo noi, europei e occidentali, per imporre una volta ancora a cinesi, indiani, africani, la nostra visione? Hegel la chiamerebbe coscienza infelice, ma è la grottesca morale dei ricchi, i quali prima hanno invocato la democrazia, ora la vogliono sospendere, come James Lovelock, il teorico di Gaia, che invitava ad affidare le sorti del mondo a pochi “illuminati”, gli unici a sapere che cosa è buono e giusto per il resto dell’umanità.

Un altro pericolo dell’ideologia di Greta – chiamiamola così sapendo che la ragazzina è una maschera – è il suo vuoto cosmopolitismo. Sembra suggerirci: il pianeta è uno, va difeso da tutti, meglio se attraverso un unico governo mondiale. Per salvarci dal clima, espressione tanto generica da contenere tutto e il suo contrario, dobbiamo rinunciare alla libertà, al benessere, a dire la nostra, ad avere figli e consegnare le nostre vite ai nuovi demiurghi, gli stregoni del clima. Tutti a bordo verso il mondo a taglia unica, per il bene di un Dio oscuro e capriccioso, il Clima. Nei circhi si mostrava a pagamento lo zoo e un imbonitore gridava: entrino, signori, più gente entra, più bestie si vedono. Le bestie siamo noi; i domatori, purtroppo, sono gli stessi, come i proprietari del circo.

Quando avranno convinto la stragrande maggioranza, magari ci spingeranno alla guerra contro i nuovi malvagi, gli inquinatori “esterni”, la Cina, l’India o chi decideranno loro. Se convinti della bontà di una causa, gli uomini possono morire per essa con gioia: è la storia del mondo. La causa ambientale è giusta, enunciata nella modalità globalista che tante attrae i giovani occidentali, la generazione Erasmus sazia e assopita, abituata a ciò che è opaco, liquido, comodo, immediato. Un’ideologia omnibus che i padroni del mondo hanno creato e cavalcheranno cinicamente. Possiedono tutte la carte del mazzo, le distribuiscono a piacimento e fanno in modo che grandi masse umane non riconoscano altro gioco.

I latini, per valutare i fatti, si chiedevano cui prodest, a chi conviene. Nel mondo della sottocultura americanizzata, il criterio di giudizio è follow the money, segui il denaro. Campagne come quella di Greta costano miliardi, impegnano i mezzi di comunicazione, il potere culturale, i signori dell’intrattenimento. Ragionare per valutare è faticoso e sconsigliato. Le domande sono abolite senza formale proibizione, bastano le FAQ preconfezionate, domanda e risposta, un risultato da applausi, una vittoria eccezionale dei padroni del vapore. Conosciamo l’inutilità delle nostre parole, voce di chi grida nel deserto, ma, cari seguaci di Greta, chiedetevi perché dagli stessi pulpiti non parta mai una campagna globale contro le droghe e gli altri paradisi artificiali che distruggono la vita. Sono padroni di tutto, sarebbe facile schierare al completo la stampa, la televisione, i giganti della Rete, l’industria musicale e culturale contro l’uso di pasticche, cocaina, eroina, stimolanti e porcherie assortite, trovare un’altra Greta, riceverla a Davos, degnarla dell’inchino dei potenti. Non lo fanno. Follow the money…

3 commenti su “Greta e il clima. Quando i bambini fanno oh – di Roberto Pecchioli”

  1. “cari seguaci di Greta, chiedetevi perché dagli stessi pulpiti non parta mai una campagna globale contro le droghe e gli altri paradisi artificiali che distruggono la vita. Sono padroni di tutto, sarebbe facile schierare al completo la stampa, la televisione, i giganti della Rete, l’industria musicale e culturale contro l’uso di pasticche, cocaina, eroina, stimolanti e porcherie assortite, trovare un’altra Greta, riceverla a Davos, degnarla dell’inchino dei potenti. Non lo fanno. Follow the money… ” Non c’è bisogno d’altro per capire la diabolica faziosità di questo circense comitato di direzione mondiale.

  2. Inoltrerò questo splendido articolo ad un ragazzo di mia conoscenza, prossimo alla maturità, bravo sì e cresciuto con una sana educazione, eppure convintosi a manifestare quell’infausto giorno, nonostante la famiglia lo sconsigliasse, in sintesi con le stesse ragioni qui magistralmente sviluppate.
    Speriamo lo legga ed essendo intelligente, ne tragga un insegnamento.
    Fa comunque tristezza e suscita un senso di impotenza constatare quanto il pensiero dominante propagato ovunque e soprattutto nelle scuole, affascini e irretisca irresistibilmente le menti dei nostri poveri ragazzi che si credono forti, ma sono sempre più deboli. E infine un pensiero per i loro insegnanti: un gregge di pecoroni asserviti al potere e col cervello all’ammasso, patetici personaggi senza consistenza, ahimé, totalmente in mano ai loro famelici autori.

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