Il recente volume di Silvia Pascale: “Guareschi e il Natale nel Lager” (Ciesse Edizioni) merita di essere segnalato per parecchi motivi. Innanzitutto per aver riportato alla luce la memoria degli I.M.I. (Internati Militari Italiani), una pagina gloriosa della nostra storia poco conosciuta; in secondo luogo per aver proposto, attraverso l’opera di Giovannino Guareschi, una rilettura dell’umanità e del dramma vissuto nella prigionia tra il 1943 e il 1945; terzo motivo, l’aver indicato un modello didattico in cui tra docenti e discenti si potesse compiere un lavoro comune sulle fonti, sui documenti (nello specifico un laboratorio sulla Favola guareschiana); quarto, l’aver fatto emergere un quadro di aspetti rilevanti, dalla comprensione dei fatti storici al ruolo dell’arte, che sono inscindibili per poter accostare adeguatamente sia la memoria degli IMI sia l’opera, nello specifico, di Guareschi.

A questi meritevoli aspetti di primaria importanza, è doveroso aggiungerne, secondo il mio punto di vista, almeno un altro non meno essenziale: l’aver tenuto insieme in un medesimo progetto l’apporto costruttivo di diverse persone, realizzando di fatto quell’auspicata complementarità e interdisciplinarità che spesso rimane soltanto nei buoni propositi o, come si usa dire, sulla carta. In questa lungimirante ottica di collaborazione e intelligente proposta didattica va letta l’opera di Silvia Pascale, che sin dalla copertina del libro (un disegno di Guareschi) si è avvalsa del sostegno degli eredi del grande scrittore-illustratore emiliano, del Club dei ventitré, che ne hanno patrocinato la realizzazione assieme all’ANEI (Associazione Nazionale Ex Internati) e alla Città di Treviso.

Il libro offre spunti di riflessione già dalle prime pagine, in cui l’autrice accosta alla fotografia del prigioniero Guareschi una citazione di Daniel Pennac molto interessante dedicata agli alunni e ai loro genitori: “Ogni studente suona il suo strumento, non c’è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l’armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un’orchestra che prova la stessa sinfonia”. Anche i ringraziamenti condensati in un’intera pagina da Silvia Pascale attestano la preziosità dei contributi diversi e stimolanti ricevuti, dalla docente di storia della Resistenza e dell’età contemporanea Nadia Olivieri al Presidente Nazionale ANEI Orlando Materassi, che ha sempre creduto e sostenuto, sin dal primo libro, la ricerca e le pubblicazioni dell’autrice, rilevandone la capacità straordinaria di coniugare educazione e partecipazione, sia degli alunni dell’Istituto Comprensivo Stefanini di Treviso dove la Pascale insegna, sia nella fattiva cooperazione all’interno della stessa Sezione ANEI di Treviso, di cui l’autrice è Presidente. Notevoli sono gli spunti di riflessione che l’autrice suggerisce, ad iniziare dalle memorie dello stesso Giovannino (“Io non mi considero prigioniero, io mi considero un combattente senz’armi”), del figlio Albertino (“Quello fu il periodo più importante della sua vita, perché nel Lager ha scoperto se stesso”) e del ricordo struggente e intenso di alcuni suoi autorevoli compagni di prigionia, da Gino Malaspina, che ha rivisto nella nonnina della Favola di Guareschi la madre di ciascun prigioniero, a Paride Piasenti, che ha riconosciuto in lui un animatore di resistenza morale, a Manlio Della Chiesa, che ha ricordato quanto l’opera di Guareschi facesse viaggiare con la mente e rasserenare gli animi nell’attesa del ritorno a casa.

Il volume della Pascale è corredato da un’autorevole e documentata cornice storica degli IMI nei campi di prigionia tedeschi, curata dal Generale Maurizio Lenzi, presidente ANEI della Federazione di Padova, in cui si rileva il quadro storico dell’intera vicenda, che hanno visto gli IMI, secondo sue testuali parole: “Abbandonati dal Governo e traditi dai tedeschi l’8 settembre 1943; abbandonati, durante la prigionia, sia dal Governo “Badoglio”, sia dalla R.S.I.; disprezzati e vessati dai tedeschi; ignorati al loro rientro in Patria; defraudati del ruolo avuto nella Resistenza al nazifascismo; dimenticati dalle istituzioni, fino agli inizi degli anni novanta”. Dopo questo lodevole inquadramento storico e precisa ricostruzione degli eventi da parte del Gen. Cav. Maurizio Lenzi, l’autrice ha descritto (anche con l’ausilio di foto dello stesso Presidente Nazionale ANEI Orlando Materassi) in un intero capitolo le condizioni dei campi di prigionia, dei lager nei quali fu prigioniero Guareschi, da Czestochowa a Beniaminowo, da Sandbostel a Wietzendorf.

La cognizione esatta delle condizioni degli IMI nei campi di prigionia, oltre che dalla documentazione del libro è rinvenibile nel Museo Nazionale dell’Internamento di Padova, inaugurato nel 1955, a cui il libro rimanda per completezza di informazioni, in cui sono esposti disegni (anche dello stesso Guareschi), fotografie, indumenti originali, manufatti e altri documenti di assoluto valore. Nella seconda parte del libro, in continuità con la prima parte, Silvia Pascale ha descritto il progetto didattico della Favola di Natale di Guareschi a scuola. Introdotta da Francesca Piaser, Docente e socia ANEI di Treviso, l’autrice ha illustrato gli obiettivi didattici e le motivazioni di fondo della scelta della Favola guareschiana, rilevandone gli aspetti interdisciplinari che hanno portato all’apprendimento e alla messa in scena della stessa opera di Guareschi (purtroppo non avvenuta, a causa delle complicazioni legate al Covid 19). Interessante e stimolante rimane poter leggere e vedere, nel libro, le attività di laboratorio in cui gli studenti si sono appassionati e accostati al dramma degli IMI attraverso la Favola di Guareschi, con l’approfondimento delle tematiche della deportazione anche attraverso l’ascolto di testimonianze dirette e indirette, come quelle, ad esempio, dello stesso Presidente Nazionale ANEI, Orlando Materassi, figlio di un internato.

La realizzazione del libro di Silvia Pascale, come ha ricordato ed evidenziato la stessa autrice, è frutto di “cento mani”, come si può riscontrare attraverso la partecipazione documentata degli alunni che, attraverso disegni, poesie, riflessioni, hanno potuto esprimere l’assimilazione dei contenuti trattati. L’aspetto cognitivo non è stato però il solo elaborato, come ha ancora sottolineato l’autrice: “Per diventare poi testimoni, bisogna andare oltre l’aspetto meramente cognitivo: la memoria prevede anche l’emozione, la condivisione di un’esperienza, il pathos”. Il coinvolgimento al progetto di una rilettura degli IMI attraverso l’opera di Guareschi, sia da parte degli alunni sia da parte dei docenti, diventa così palpabile man mano che si sfogliano le pagine del libro, come ha rilevato ancora Pamela Stranieri, Docente e nipote di IMI e come ha evidenziato in un suo prezioso saggio Gioele Gusberti, Violoncellista e direttore artistico, che ha rammentato come l’arte, la musica in particolare, abbia saputo portare, con la poesia e il racconto della Favola di Natale, una luce di speranza: “La Favola di Natale nacque e spiegò le sue ali poetiche in una baracca del campo di prigionia di Sandbostel; Guareschi e Arturo Coppola, trentunenne pianista e compositore salernitano da poco operante a Treviso, si trovarono così a farsi carico delle speranze di mille e più anime che con loro condivisero gli anni più bui del Novecento…”.

Il volume della Pascale si chiude con l’adattamento teatrale della Favola curato dal docente Marco Crepet, a testimonianza del compimento della ricerca e del coinvolgimento auspicato e realizzato dall’autrice e dai suoi collaboratori. Mi si permetta, in conclusione, di aggiungere qualche riflessione personale dopo la lettura di questa importante opera di Silvia Pascale. Da anni mi occupo di far conoscere il profilo umano-letterario di Giovannino Guareschi attraverso la lettura della sua opera, l’adattamento teatrale di parte della saga di Mondo piccolo (con i celebri Don Camillo e Peppone), di Vita con Giò e della stessa Favola di Natale e credo che, attraverso Guareschi, come ha fatto egregiamente Silvia Pascale con i suoi collaboratori, sia possibile arrivare ai giovani, nelle scuole, nelle famiglie. Mediante lui, come testimonia questo prezioso volume, è stato possibile ritornare alla memoria storica degli IMI ma potrebbe essere utile anche per rievocare altre pagine di storia dimenticate, come ad esempio quella dei prigionieri negli Stati Uniti, di cui l’AMPIL (Associazione per la Memoria dei Prigionieri Italiani a Letterkenny), che rappresento, cerca di conservarne la memoria.

Credo che la strada tracciata da Silvia Pascale possa essere percorsa da quanti ritengono che la ricerca della verità storica abbisogna di tante collaborazioni, di tante informazioni, che attraverso il sacrificio e l’arte di tante persone, come Giovannino Guareschi, possono aiutarci a comprendere il passato. Passato che, rammentiamolo, vive nel presente e  che alimenta il futuro, nostro e delle generazioni a venire.

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