di Paolo Capasso
Il termine Laogai si riferisce ad una particolare forma di lavoro forzato in voga nella Repubblica Popolare Cinese. Diverse fonti ufficiali affermano che nei campi di lavoro vengono comunemente applicati la tortura, la rieducazione politica e che vi sia un alto grado di mortalità del prigionieri riconducibile a maltrattamenti di vario tipo. E’ anche altamente controverso il tema dell’uso che il governo cinese fa della manodopera a costo quasi nullo costituita dai carcerati, che secondo alcune informazioni sarebbero sottoposti a ritmi di lavoro disumani e al limite dello schiavismo.
“Lo scopo principale dei laogai è quello di punire e riformare i criminali. Per definire concretamente le loro funzioni essi servono a: punire i criminali e tenerli sotto sorveglianza; riformare i criminali; utilizzare i criminali nel lavoro e nella produzione, creando in tal modo ricchezza per la società”. Con questa definizione il Ministero di Giustizia cinese nel 1988 descrisse in modo netto ed inequivocabile lo scopo sociale dei laogai: “un processo di riforma dei criminali attraverso il lavoro, essenzialmente un metodo efficace per eliminare i criminali ed i controrivoluzionari”
Ma questa strana parola è anche usata per indicare le diverse forme di lavoro forzato previste dal sistema giuridico/carcerario cinese. Spesse volte Laogai viene indicato quale campo da lavoro, in cui le condizioni di vita dei forzati e il loro impiego lavorativo come forza produttiva, sono spesso considerati come lesivi dei diritti umani.
Harry Wu, un cinese liberal-reazionario, ha scritto un libro “Controrivoluzionario: i miei anni nei gulag cinesi” edito da San Paolo, in cui descrive la sua prigionia durata ben 19 lunghi anni condensati da lavori forzati. Senza essere mai stato riconosciuto colpevole, incriminato e neanche sottoposto a processo, fu imprigionato all’età di 23 anni accusato di sovversione al governo con ideologie cattoliche di destra. Wu trascorre anni in galera come prigioniero politico in un infernale mondo sotterraneo di lavori umilianti, denutrizione e torture. Condizioni di vita in cui i carcerati devono essere sottoposti a fino 18 ore di lavoro al giorno con l’obbligo di rispettare determinate quote produttive; uso della denutrizione e della tortura come sistemi produttivi e coercitivi; appello alla delazione tra detenuti; sedute periodiche di “critica” e “autocritica” in cui i detenuti si accusano a vicenda o si autoaccusano di comportamenti criminali a scopo rieducativo. L’insieme di tutti questi elementi costituiscono il concetto di violenza sia fisica che psicologica avente come culmine dell’angheria e coercizione il lavaggio del cervello ai danni dei prigionieri.
Wu è stato a capo della lotta per i diritti umani ed in quel periodo vissuto in carcere ha provato sulla propria pelle la tirannia del governo comunista cinese, con la sola colpa di non accettare ed essere sopraffatto dall’ingiustizia del ‘dragone rosso comunista’.
Ancora oggi, sostiene l’autore del libro, milioni di donne, uomini e bambini sono costretti al lavoro forzato fino a 18 ore al giorno a vantaggio economico solo ed esclusivamente del Partito Comunista Cinese. Questo testo vuole essere un omaggio alle milioni di persone che nei campi di concentramento cinesi hanno perso la vita e non possono più testimoniare la loro esperienza. Prima del libro i Laogai erano sconosciuti alla cultura occidentale, in quanto il Partito Comunista Cinese considerava i Laogai segreto di Stato. Negli ultimi anni la Cina è stata protagonista di significativi cambiamenti non solo etici e sociali (basti pensare alle recenti Olimpiadi di Pechino del 2008) ma anche strutturali. Ora la Cina è divenuta quale nazione più popolata al mondo, una delle principali potenze nel campo della politica internazionale, tanto che il suo sviluppo economico procede a ritmo serrato. Nonostante tutto questo, i Laogai continuano a persistere ed a essere uno strumento di repressione da parte del governo. Molti si sono illusi che la crescita espansionistica-economica avrebbe portato ad un miglioramento nella Cina rispetto ai diritti umani. Di contro, invece, le persecuzioni a danno dei dissidenti politici, continuano ad esserci ed il sistema dei Laogai è in pieno sviluppo.
In questa sua sconcertante ma al tempo stesso ammirevole testimonianza, quasi fosse un romanzo, Harry Wu presenta la storia della sua prigionia e della sua incredibile sopravvivenza, con particolari raccapriccianti e scabrosi. Un racconto che porta il lettore a toccare con propria mano il limite della morte e della pazzia a causa di una prigionia considerata iniqua ma ancor più incomprensibile.
Per questa sua opera Wu ha ricevuto numerosi premi e riconoscimenti poiché è la storia della vittoria di un uomo ma soprattutto una traccia indelebile del potere dello spirito sulla barbarie, del bene sul male, la vittoria della giustizia sulla vessazione del potere e della dittatura.
Attualmente Harry Wu è il fondatore della Laogai Research Foundation e la sua voce ha incoraggiato le vittime, i sostenitori e i simpatizzanti sia in Cina che in altri paesi, per raccogliere il coraggio di lottare per i diritti umani, a discapito delle sopraffazioni politiche e religiose. Anche in un paese come la Cina, costellata da una dittatura crudele e disumana, c’è un uomo che ha palesato tutto il suo coraggio e tutta la sua ostilità al regime, un controrivoluzionario.
Harry Wu
“Controrivoluzionario: i miei anni nei lager cinesi”
Edizioni San Paolo
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