Ho accompagnato di nuovo Guareschi in carcere – di Paolo Gulisano

Giovannino Guareschi è tornato in carcere. No, caro lettore, non ti preoccupare: nessuna condanna postuma. Fu più che sufficiente quello che gli venne inflitto ingiustamente da vivo, e non è il caso che a 50 anni dalla morte salti fuori qualche altra brutta sorpresa. Giovannino è tornato in carcere accompagnato da me. È successo lo scorso 5 maggio (Ei fu siccome immobile…) nel carcere di Sanremo. La perla della Riviera ha infatti nel suo entroterra un grande carcere che ospita oltre duecentocinquanta detenuti. Nel penitenziario opera un gruppo di volontari che cerca di dare vita tra i detenuti a iniziative di tipo culturale, e anche religiose, con il giovane cappellano, il bravo don Alessio, grande ammiratore di papa Pio IX.

Tra le volontarie c’è la professoressa Luisa Marchetti, che più di 40 anni fa fu mia insegnante di latino e greco, una giovane insegnante piena di amore e passione per la cultura classica, un amore che riuscì pienamente a infondermi. Con Luisa poi nacque una autentica amicizia che è continuata nel corso degli anni. Dopo aver raggiunto la meritata pensione, l’insegnante lecchese si è trasferita nella meravigliosa Riviera di Ponente, dove tuttavia la pace dopo tanti anni di lezioni, studenti e consigli docenti le dava un po’ di noia. Ha deciso così di riprendere a insegnare, facendolo come volontariato tra i detenuti, facendo inoltre da capo redattore al giornalino del penitenziario.

Luisa ha avuto dunque l’idea di proporre alla direzione del carcere un incontro su Guareschi, una conferenza tenuta dal sottoscritto.

Devo dire che nel corso degli anni sono state numerose le occasioni in cui ho avuto la possibilità di raccontare Giovannino Guareschi, ma questa è stata assolutamente unica. Devo dire che l’incontro con la trentina di detenuti che hanno accolto l’invito a partecipare all’incontro è stato molto particolare: fa una certa impressione parlare dietro le sbarre, e parlare di un uomo come Guareschi che ha conosciuto il lager nazista prima e la prigione della repubblica italiana poi.

Le persone che avevo di fronte – lo sapevo e lo benissimo – si trovano in carcere in seguito a condanne sul cui merito non ho voluto sapere niente. Ciò che mi interessava era farle incontrare con un grande uomo che in carcere era finito – paradossalmente – per salvaguardare la propria integrità morale.

Giovannino era entrato in carcere a testa alta, con orgoglio, con lo stesso zaino militare che aveva avuto con sé nei lager nazisti. La galera fu un’esperienza molto dura, da cui uscì molto provato, estremamente amareggiato, soprattutto da quella amata patria italiana verso di lui tanto ingrata.

In carcere aveva tuttavia sentito l’affetto dei tanti lettori che gli scrivevano, che non lo avevano abbandonato, e l’amore dei familiari.

Ennia poteva venire in visita ogni quindici giorni, e si portava dietro i figli Alberto (quattordici anni) e Carlotta (undici). Ai figli di Giovannino sarebbe sempre rimasto impresso nella memoria l’odore disgustoso della galera. “Odore – interpretava Guareschi – di umanità malata”.

Anche in carcere, tuttavia, c’era Gesù. Era nel volto buono di sorella Luisa Minardi, una crocerossina che aveva cura dei detenuti e che Guareschi prese a chiamare “madre Lino”, in ricordo di padre Lino Maupas, il grande apostolo della carità della Parma della sua giovinezza.

Luisa Minardi era sorella di un giornalista, Alessandro, che avrebbe in seguito assunto la direzione di “Candido” dopo Giovannino. Durante la guerra aveva salvato la vita alla figlia del rabbino di Parma, fuggita dal campo di concentramento di Fossoli. Portò a Giovannino la carità del suo sorriso, della sua cura.

Ancora oggi ci sono persone che portano un po’ di umanità sincera a chi si trova detenuto. E all’opera di questi volontari ho voluto aggiungere l’incontro con Giovannino Guareschi, maestro di umanità, nella speranza e nell’auspicio che la lettura delle pagine di Guareschi possa portare loro conforto, e un po’ di allegria salutare. Durante l’incontro il detenuto che in carcere si occupa della biblioteca si è cimentato con ottimi risultati nella lettura di “Peccato confessato”, il primo racconto della saga di Mondo piccolo; si tratta di un racconto ovviamente divertente, ma con una morale profonda: Peppone va a confessarsi alcuni giorni dopo aver rifilato a don Camillo delle pesanti randellate, avendogli teso un agguato notturno e colpito alle spalle. Il racconto vede don Camillo concedergli l’assoluzione, ma naturalmente l’uomo oltre il prete freme per il desiderio di infliggere al furfante una bella punizione. Gesù ricorda al pretone che le sue mani sono fatte per benedire, e non per percuotere, ma don Camillo arriva comunque al suo obiettivo, visto che là dove non possono le mani, è lecito arrivare coi piedi. Il bello è che dopo la pedatona, Peppone appare sollevato, perché ammette che se l’aspettava. Sarebbe a dire che trovava giusto pagare per quello che aveva fatto. Una morale che, letta in carcere, assume un valore tutto particolare, di bontà autentica, se vogliamo, e non di buonismo spicciolo.

Da ultimo, un momento davvero commovente è stata la lettura – stavolta da parte del sottoscritto – del celebre brano “Signora Germania”.

Devo dire che la commozione ha preso anche me, quando ho letto quel passaggio: “io non posso uscire, ma entra chi vuole, i miei ricordi, i miei affetti…”.

Quando alla fine sono scrosciati gli applausi dei detenuti, ho girato immediatamente quegli applausi a Giovannino, che quando poté tornare a casa dal lager, e poi dal carcere di Parma, disse “io non odio nessuno”.

Spero davvero che l’esempio di quest’uomo che svolse onorevolissimamente la sua attività di giornalista libero e onesto fino all’ultimo giorno della sua vita, che mostrò come sia bello, come sia virile, come sia civile battersi per gli ideali in cui si crede, possa aiutare i detenuti di Sanremo, e magari non solo loro, a ritrovare la strada di una vita dignitosa.

 

8 commenti su “Ho accompagnato di nuovo Guareschi in carcere – di Paolo Gulisano”

  1. Gentile Dott Gulisano. La sua bellissima iniziativa me ne ha fatto venire in mente un’altra rivolta ai detenuti del carcere di San Vittore a Milano da parte della Casa Editrice Ares che lanciò anni fa un appello tra i suoi lettori perché donassero libri della stessa Ares per i detenuti del carcere. Enorme Successo. Perché non ripetere questa iniziativa libraria tramite Lei ( che ha già stabilito un contatto diretto con il carcere )
    la Redazione di Riscossa Cristiana ed i lettori donando libri di qualsiasi Casa Editrice Cattolica doc ai detenuti di San Remo ? Nelle carceri italiane purtroppo entrano volontari di qualsiasi credo anticristiano ed agnostico e sarebbe quindi importante fare entrare il messaggio cristiano anche in altre forme come ha fatto Lei a San Remo. Ricordo il bellissimo discorso che fece San Giovanni Bosco sul valore e l’importanza di donare buoni libri cattolici al prossimo per la sua salvezza. Grazie al Dott Gulisano ed alla Redazione per quanto vorranno fare in merito. Nicola.

    1. Buongiorno Nicola, mi chiamo Ilaria e sono una dei volontari citati da Paolo , che cercano di dare vita ad iniziative culturali e religiose all’interno del carcere di Sanremo.
      Insieme a Valeria da circa un anno e mezzo teniamo un corso di lettura ed ho apprezzato molto il suo suggerimento e la lettera che ha allegato di San Giovanni Bosco….
      Il carcere non è un ambiente facile, noi abbiamo molta buona volontà, ma molte volte si è tentati di lasciar perdere , per le molte difficoltà ed ostacoli che incontriamo….
      Però quando si incontrano persone come Paolo Gulisano che mettono a disposizione il loro tempo e il loro sapere per appoggiare le nostre iniziative, ci sentiamo molto gratificate e troviamo molta carica per continuare….
      Grazie ancora a Paolo Gulisano, alla Redazione e a Lei per l’attenzione rivolta alle persone detenute….
      Ilaria

      1. Grazie a Lei per la sua opera. Sono stato una volta con un gruppo religioso che ha ” animato ” una Messa ed incontrato carcerate a San Vittore a Milano. Ho potuto percepire la loro difficile situazione dai loro volti più che dalle loro parole. Inoltre mi fanno rabbrividire tutti quegli articoli che raccontando di associazioni atee/agnostiche che fanno strage di anime nelle carceri italiane. Per cui sia la vostra opera che la buona stampa Cattolica nelle carceri sono da me molto sentite. Vorrei fare pervenire nel vostro carcere un abbonamento al mensile cattolico doc IL TIMONE Parlerò per questo con l’ex Direttore del Timone, il Prof Giampaolo Barra per la fattibilità di questa iniziativa. Mi faccia sapere da parte sua se la direzione del carcere di San Remo è interessata a ricevere la rivista per i detenuti. Per qualsiasi comunicazione può chiedere( con la mia autorizzazione) da parte mia alla Redazione di Riscossa Cristiana la mia email per un contatto più veloce. Per i libri aspettiamo il parere di Riscossa Cristiana e della direzione carceraria di San Remo. A presto ,…

  2. “Anche in carcere, tuttavia, c’era Gesù”. Una verità testimoniata dai Martiri di ogni tempo. Un grazie di cuore alla Docente e al suo fedele e brillante Allievo.

  3. Bene, Giovanninno Guareschi ha messo in leggerezza quello che molti anni dopo Pansa ha descritto la cruda realtà del “Sangue dei vinti”
    Dopo Giovannino ora potrebbe toccare a Pansa.
    Tanto perchè i detenuti sappiano come ha funzionato quel periodo

  4. Tra le tante riflessioni attorno alle opoere di Guareschi si può leggere ciò che ha scritto Emanuele Biava su l’Eco di Bergamo: l’ostilità della CIA contro i film ispirati a don Camillo e Peppone non è un “complotto” inventato. Ha un nome anche il solerte traditore: Luigi Luraschi, italo-inglese, ai tempi ai vertici dell’Ufficio censura nazionale ed estera. Egli si adoperò per impedire l’assegnazione dell’Oscar come miglior film straniero. Tra le tante bravate della CIA ci fu anche l’ostilità contro Guareschi, che avrebbe potuto attenuare lo stato di guerra permanente contro l’Unione sovietica. Essendosi rinnovata oggi l’ostilità verso la Russia, non più comunista, viene il dubbio che anche allora non ci fosse solo una guerra fredda ideologica, ma una lotta per il dominio americano del mondo.

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