IL CHRONICON (Historia Langobardorum, 744-877) DI ANDREA DA BERGAMO – di Lino Di Stefano

di Lino Di Stefano


 

La presenza dei Longobardi nell’Italia settentrionale e in quella meridionale – segnatamente nel Beneventano – è stata, com’è noto, molto importante e significativa per le sorti politiche della penisola; per averne contezza basti accostarsi alla celebre ‘Historia Langobardorum’ di Paolo Diacono, lavoro che resta fondamentale per comprendere non solo la storia di questo popolo nordico, ma anche le vicende dell’Europa di quel tempo. Ma se il libro del monaco longobardo, nato a Cividale del Friuli verso il 720, resta imprescindibile per chi voglia rendersi conto dei complicati avvenimenti di quegli anni, occorre, altresì, aggiungere che altri autori si interessarono della storia di tale popolo.

hisDue di questi rispondono ai nomi del monaco cassinese-longobardo Erchemperto (VIII sec.) – scrittore e poeta in lingua latina ed autore, anche lui, di una ‘Historia Langobardorum Beneventanorum’ – e di Andrea da Bergamo (IX sec.), cronista di cui sappiamo poco salvo la confessione che era presente al funerale dell’imperatore Ludovico: ”ibi fui et partem aliquam portavi (…) usque ad flumen Adua”. Il volumetto del cronista bergamasco si chiama, appunto ‘Chronicon (Historia Langobardorum’, 744-877 (F. Ciolfi Editore, Cassino, 2011) e, come sottolinea Jacopo Riccardi, nell’Introduzione, esso rimane “l’unica cronaca dell’Italia settentrionale del IX secolo”.

Ora se è vero, com’è vero, che la fonte precipua di Andrea è la menzionata ‘Storia’ di Paolo Diacono, è altrettanto certo che il cronista bergamasco fornisce al lettore tante notizie utili sebbene con l’avvertenza: “Pauca vero de multa dicam”. E, al riguardo, è giocoforza aggiungere che il latino del cronista non è sempre controllato e corretto viste le licenze che egli si concede come, per fare solo qualche esempio, quando scrive ‘reliquid’ al posto di ‘reliquit’ e ‘capud’ a posto di ‘caput’, etc.

La narrazione di Andrea si arresta al capitolo XIX il quale  si presenta anche mutilo, non sappiamo per quale motivo.  L’’incipit’ del cronista concerne alcuni avvenimenti aventi per interpreti sia il generale bizantino Narsete, sia i Longobardi da lui invitati a scendere in Italia per occuparla ed impadronirsi delle sue ricchezze. Siamo nel 568 – “cum iam Domini incarnatione anni quingenti sexaginta oto essent evoluti”, queste le parole testuali dell’Autore – e i Longobardi, ‘duce Alboino’, entrano in Italia attraverso il passo di Cividale del Friuli.

Da questo momento, il cronista ripercorre l’intera storia di tale popolo mercé la trattazione non solo delle vicende più significative, ma anche mediante l’enumerazione di tutti i re succedutisi sul trono dal 744 all’877. Che i Longobardi fossero una stirpe violenta e crudele lo sapevamo da Cesare – “summus auctorum, divus Iulius”, così lo chiamava  giustamente Tacito – dallo scrittore, appunto,  de ‘La Germania’ e da Velleio Patercolo (I sec. a.C. – I sec. d. C.) il quale così scriveva: “Langobardi, gens etiam Germana feritate ferocior” ( Historiae romanae).


Ed anche Andrea da Bergamo non si perita, nella sua Cronaca, di definire tale popolo “gente malvagia”,  quantunque lo stesso non trovi alcuna difficoltà a riconoscere che pure tra i Longobardi – stirpe valorosa – non mancavano re di grandi qualità come, ad esempio, Liutprando, uomo, parole del cronista, “multe sapientiae, clemens, pudicus, orator, pervigil, elemosinis largus”. Il libro di Andrea, anche se di brevi dimensioni, abbraccia un po’ tutta la storia di questa gente proveniente dal sud della Scandinavia – poi, stabilitasi nella Germania settentrionale – nonché alcune vicende degli ultimi Franchi ivi compreso l’episodio citato delle esequie dell’imperatore Ludovico: “insieme con gli altri trasportatori – scrive il cronista – ho camminato dal fiume, che è chiamato Oglio, fino al fiume Adda”.

Il quale non manca di riportare, doverosamente, alcuni fatti strani e misteriosi accaduti durante il regno dell’imperatore Ludovico;  in primo luogo, son sue parole, “in Italia cadde tanta neve, che per cento giorni le pianure rimasero innevate; ci fu anche un fortissimo gelo, molte sementi perirono”;  in secondo luogo, sotto il regno di Luigi e del figlio Lotario, “alla terza indizione il sole si oscurò in tutto il mondo e nel cielo apparvero le stelle, alle none di maggio, all’ora nona, durante le litanie del Signore, per quasi mezz’ora. Facta est tribulatio magna”;  in terzo luogo, siamo nell’874, “nell’indizione ottava, nel mese di luglio, da mattina a sera apparve in cielo  una stella cometa splendente come i raggi (del sole) e con una lunga coda”.


Infine, un anno prima, ”dalle parti di Vicenza giunse un gran numero di locuste nei territori di Brescia, e poi in quella di Cremona; di qui poi si diressero sui terreni di Lodi e successivamente anche di Milano”.  Sono presenti nel volumetto, tanti altri eventi importanti, ma i principali li abbiamo enumerati sicché non ci resta che concludere asserendo che la fatica di Andrea da Bergamo si aggiunge, completandoli, agli altri studi di questo genere con l’osservazione del Waitz, editore del libro, secondo la quale la ‘Cronica’ del Bergamasco “eccelle per l’accurata cognizione dei fatti accaduti nella seconda metà del nono secolo”.

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