Il linguaggio di Joseph Ratzinger, papa benedetto xvi

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Il linguaggio di Joseph Ratzinger, papa benedetto xvi  –  Amedeo Benedetti – Roma 2010, 21 pagg.

Di Paolo Maggiolo

rivistaIl saggio che ci sembra opportuno segnalare è apparso nell’ultimo numero della «Rivista di studi politici internazionali» (anno LXXVII, 2010, n. 1) ma è reperibile anche in forma di estratto. L’autore è uno specialista di linguaggi settoriali oltre che un validissimo bibliografo e uno studioso di scienze sociali. Le sue numerose pubblicazioni compaiono nelle raccolte delle maggiori biblioteche italiane.
Amedeo Benedetti ha condotto questa sua ultima ricerca analizzando attentamente alcuni testi del Santo Padre tradotti in italiano: Dio e il mondo (2001), La mia vita (2005), Sul Natale (2005), Perché siamo ancora nella Chiesa (2008), Giovanni Paolo II (1998). La volontà e la capacità di comunicare ad un esteso orizzonte di individui, che sono proprie del Pontefice, appaiono legate a quella semplicità di espressione che è uno dei caratteri fondamentali della sua parola. Questa mirabile semplicità si coniuga con una efficacia espressiva la cui importanza risiede nella necessità di chiarire con assoluta precisione la portata di ciascuna affermazione. Dalla prosa di Benedetto XVI, dall’uso che fa di determinati vocaboli, risulta evidente la sua formazione filosofico-teologica e si nota – come osserva il Benedetti – “l’abitudine alla dialettica”. I riferimenti culturali e le citazioni letterarie che si ritrovano nei suoi libri sono indice di un sapere vastissimo che presuppone letture di altissimo impegno (Seneca, Platone, Agostino, Origene, Tommaso d’Aquino, Pascal, Kant).
Rilevante è la frequenza di sostantivi come amore, dolore, angoscia, gratitudine, libertà, sentimento, felicità, che altro non significano se non la preoccupazione costante del Papa per la condizione dell’uomo. Continua è anche la presenza di verbi legati al pensiero (avvertire, conoscere, interrogarsi, scorgere, supporre, dimostrare) e di termini simbolici che abbondano, secondo la tradizione, nel linguaggio della religione cattolica (luce, sete, sorgente, faro, cammino).
Amedeo Benedettti, con la sua minuziosa indagine, ci suggerisce anche uno dei massimi pregi dello stile di Joseph Ratzinger: la virtù di chi, “portato più alla didascalica precisione che a poetiche divagazioni”, ha la capacità di essere un “rigoroso ordinatore ed incasellatore di concetti […], un forte semplificatore di concetti ad uso dei suoi interlocutori”. Anche il tono del discorso, serenamente persuasivo, “assolutamente privo di titubanze”, coincide con l’impressione generale di sicurezza che la figura del Papa trasmette ai fedeli.
La conclusione dunque, avvalorata dall’autore del saggio, è che “la comunicazione ratzingeriana presenta caratteristiche di assoluta originalità, di grande solidità d’impianto culturale, e d’imponente apparato di persuasione, caratteristiche più che adeguate al delicato ruolo di Capo della Cristianità in tempi – anche mediaticamente – così difficili”.

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