Il santo del mese: S. Ildegarda di Bingen – di Paolo Gulisano

17 settembre

S.Ildegarda di Bingen

Ildegarda di Bingen,  religiosa benedettina e mistica tedesca, è una delle figure più straordinarie della storia della Chiesa medievale, e non solo.  Nacque, ultima di dieci fratelli, a Bermersheim vor der Höhe, in Renania, nell’estate del 1098, un anno prima che i crociati conquistassero Gerusalemme. Nella sua vita fu, inoltre, scrittrice, musicista, cosmologa, artista, drammaturga, guaritrice, linguista, naturalista, filosofa, poetessa, consigliera politica, profetessa e compositrice.

Ildegarda fu una santa dalla fortissima personalità, la cui straordinaria sensibilità mistica e la profondissima cultura esercitarono un grande influsso per tutto il Medioevo e oltre.

Il suo originale e profondo contributo alla medicina naturalistica è oggi molto apprezzato e al centro di una vera e propria riscoperta. Ne è chiara prova il moltiplicarsi in questi ultimi anni delle edizioni delle sue opere, anche se vi è una certa tendenza a leggere in modo parziale l’eredità culturale e religiosa di Ildegarda, fino a snaturarne radicalmente il pensiero autentico, come in certe interpretazioni di tipo “New Age”, che dimenticano la parte fondamentale della concezione ildegardiana: l’uomo è in equilibrio con le forze fondamentali dell’universo solo se il suo cuore risiede in Dio.

Ildegarda riassunse nella sua opera la visione cristiana medievale della salute e della malattia: Dio onnipotente ha creato la medicina come una scienza globale che deve servire all’uomo nella sua totalità. Essa non è quindi solo un mezzo per conservare la salute, ma anche uno strumento per perfezionare la propria vita. I rimedi, di conseguenza, non sono solo al servizio dei bisogni del corpo, ma anche della formazione spirituale. Tutto viene in soccorso dell’infermità, sia fisica sia psichica. E così la medicina terrena diventa una via verso il cielo.

Nel mondo medievale l’uomo non venne mai concepito raffigurato come il padrone della natura, con buona pace di certi odierni ecologisti che imputano alla visione cristiana del mondo il tecnicismo assoluto attraverso il quale l’uomo si fa dominatore del mondo secondo un presunto dettato biblico, ma piuttosto fu visto come un giardiniere e contadino che coltiva il campo e custodisce i pascoli, come colui cui è stato affidato il giardino che deve procurare gioia a lui e a Dio.

Ancora ragazza venne inviata in convento, dove trascorrerà tutta la sua vita. Dai 40 anni in poi la sua esistenza si svolse in modo da rispondere ai compiti avuti ancora giovane da alcune visioni: l’ampliamento del convento, la fondazione di un nuovo convento, la costituzione di una comunità più grande, i viaggi di predicazione, i contatti con la nobiltà del tempo. Ildegarda visse tutto ciò con una grandissima originalità di atteggiamento e di comportamento, e con un gruppo consistente di persone che si formò intorno a lei.

Nel 1150 ottenne di lasciare il monastero di Disibodenberg per fondare una nuova abbazia a Rupertsberg, nelle vicinanze di Bingen, alla confluenza tra il Nahe e il Reno.

Fatto inconsueto per una donna di quei tempi, Ildegarda compì quattro lunghi viaggi, che la portarono ad attraversare gran parte della Germania, per dedicarsi con ardore alla predicazione.

Acquistò così una fama crescente per le sue notevoli doti organizzative, per la grande spiritualità, per la forte personalità e per la profonda ed originale cultura, che trovò espressione in diverse sue opere.

Intrattenne rapporti epistolari con diversi pontefici, Eugenio III, Anastasio IV, Adriano IV, Alessandro III, e con l’imperatore Federico Barbarossa, che incontrò anche personalmente. Fu in corrispondenza ancora con san Bernardo di Chiaravalle, con san Eberardo, con Sant’Elisabetta di Schonau, con la grande regina Eleonora di Aquitania, con vescovi, abati, badesse, preti, suore e frati. Molti trovarono in lei una consigliera saggia, sapiente e ispirata. Ancora oggi si conservano 300 delle lettere scritte da Ildegarda.

Con il crescere della fama di Ildegarda, aumentava sempre più il numero delle giovani che chiedevano di entrare nel suo convento. A soli dieci anni dalla fondazione, il monastero di Rupertsberg diviene insufficiente e Ildegarda decise di fondare un convento affiliato a Eibingen, sull’altra sponda del Reno, dove si reca due volte alla settimana a partire dal 1165.

In quegli anni Ildegarda si fece apprezzare per l’ardore della predicazione contro i movimenti eretici. Prese anche posizione contro Federico Barbarossa, quando questi appoggiò l’elezione dell’antipapa Vittore IV, esprimendosi senza alcun timore in tono fermo e risoluto nei confronti del grande sovrano. Negli ultimi anni di vita il fisico di Ildegarda mostrò i segni della malattia e della debilitazione, al punto che ella rinunciò quasi completamente a scrivere. La morte, preparata santamente e sospirata, arriva il 17 settembre 1179. Dopo la sua morte moltissimi pellegrini si recarono sulla sua tomba e i miracoli furono così frequenti, che una grande quantità di pellegrini cominciò ad affluire presso il monastero.

Santa Ildegarda ha lasciato importanti opere che toccano tematiche teologiche e filosofiche, naturalistiche e mediche.

La globalità di interessi di questa donna straordinaria comprese anche le scienze mediche, e nelle sue opere prende in esame i rimedi terapeutici e le applicazioni alla medicina che possono scaturire da tutti i regni della natura: da quello animale, a quello vegetale e a quello minerale. Ildegarda descrive più di duemila ricette tratte da ogni ambito naturale, alcune delle quali conservano un certo interesse persino per la medicina e l’erboristeria dei nostri tempi. Benché Ildegarda non abbia mai seguito un regolare corso di studi di medicina, è certo che avesse acquisito una notevole cultura e pratica medica da autodidatta. Del resto, fino a buona parte del XII secolo erano molti i malati che si rivolgevano ai conventi per essere curati e la cura degli infermi era uno dei compiti principali di monaci e suore.

La regola di San Benedetto seguita dalla badessa tedesca raccomandava la cura dei malati, che andavano serviti “come se si servisse veramente Cristo”.

Ildegarda attinse le proprie conoscenze mediche dai manuali di medicina dei monaci, apprende i segreti della medicina popolare dalle venditrici di erbe medicinali e fa tesoro di una lunga esperienza di cura dei numerosissimi infermi che a lei si affidano. Secondo la testimonianza del monaco Teodorico, suo contemporaneo, l’abilità di Ildegarda come medico era tale da guarire tutti coloro che si sottopongono alle sue cure. Ai malati ella si accostava con grande tenerezza e compassione, sempre invocando la guarigione come dono di Dio.

Il discorso che Ildegarda sviluppa nelle sue opere è molto ricco: il suo sapere, accumulato attraverso la conoscenza delle pratiche della vita di allora, non era solo di tipo erudito, ma si preoccupava degli aspetti concreti dell’esistenza. Per lei la cura delle malattie e il mantenimento della salute significavano in primo luogo mantenere o recuperare un ordine naturale la cui alterazione era all’origine del male. Ildegarda arriva nel libro Divina Rumor addirittura a definire le proporzioni dell’uomo esattamente uguali alle proporzioni dell’universo creato. Ogni creatura si specchia nell’uomo, perché egli stesso è al di sopra di tutte le creature. Se è vero questo però è vero anche il contrario, ovvero che l’uomo si rispecchia nell’universo creato, e non è un rispecchiarsi puramente estetico, ma vi è un rapporto dinamico ed effettivo tra l’uomo e la creazione.

Con Ildegarda di Bingen siamo in presenza non solo dell’espressione della cristianità medievale, ma anche del genio femminile, che è la specifica sensibilità per ciò che è umano, e la capacità di prendersene cura. Santa Ildegarda fu essa stessa ammalata per quasi tutta la vita, e fece quindi personalmente l’esperienza della lotta tra salute e malattia. Ildegarda non fu una donna fuori dal suo tempo: era profondamente medievale, ed incarnò quello che di meglio espresse il suo tempo.

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