La nomina a cardinale del maestro Bartolucci: un gesto del santo padre di incoraggiamento alla tradizione – di Pucci Cipriani

Bartolucci

di Pucci Cipriani

BartolucciNel concistoro del 20 novembre 2010, il felicemente regnante pontefice Benedetto XVI ha imposto la porpora cardinalizia (il rosso rappresenta il colore del sangue e ogni cardinale si “dovrebbe” impegnare a difendere la Fede  “usque ad effusionem sanguinis”) al novantenne Mons. Domenico Bartolucci, già direttore perpetuo della Cappella Sistina, successore di Lorenzo Perosi, il più grande compositore vivente di musica sacra, autore di un’opera di oltre trenta volumi, cultore e seguace di Pier Luigi da Palestrina, difensore della Tradizione e della S. Messa di sempre (“la nostra Messa” come lui mi ha detto più volte) e proprio per questo “defenestrato”, nel 1996, da una vergognosa congiura di Palazzo il cui ispiratore non voglio citare –pur essendo semplice il suo cognome, composto da una sola sillaba- e che la “nemesi storica” ha voluto che fosse proprio lui, “obtorto collo”, a redigere quel documento con cui veniva tolta ogni scomunica ai vescovi cattolici di Monsignor Lefebvre.
Già, finalmente un cambiamento che, almeno nell’intenzione del Santo Padre, dovrebbe por fine a quell’ingiusta e incredibile persecuzione a cui sono stati sottoposti gli uomini della Tradizione da quando –come scrisse il più grande cattolico del Novecento, Tito Casini, amico e conterraneo di S. E. il Cardinal Domenico Bartolucci- alla Cristianità fu tolta la Messa di sempre “a conclusione di una Riforma condotta da un Bugnini che si è infine scoperto per ciò che si sospettava: un massone (cfr. Tito Casini in “Nel fumo di satana” Ed. “Il Carro di San Giovanni” Firenze, 1972 pag. 40).
Molti ricorderanno quando sotto altri pontificati, fu creato cardinale P. Congar, seguace del teologo panteista Karl Rahner, fautore di quel “buonismo” per cui non esistono errori e tutti hanno ragione, si disse che quella nomina era un “segno” verso quella teologia progressista messa alla sbarra dal grande teologo tomista Cornelio Fabro.
Ora che finalmente –si veda il grande successo che stanno riscuotendo le opere del teologo Monsignor Brunero Gherardini- sotto questo pontificato si sta sempre evidenziando che il Concilio Vaticano II non fu –come falsamente si scrisse- una censura ma una continuità con la Tradizione, la nomina a cardinale di Monsignor Domenico Bartolucci rappresenta un forte segnale.
Si ha un bel far finta di nulla, cercare di minimizzare; basta andare a rileggersi quella intervista dell’agosto 2009 del Maestro mugellano (cfr. disputationestheologicae.blogspot.com) per comprendere il significato che il Santo Padre ha voluto dare a questa nomina.
Non è un mistero per nessuno, infatti, la forte opposizione di molti vescovi e preti al motu proprio “Summorum Pontificum” con il quale il Papa ha riconosciuto come la Messa di sempre, la Messa cattolica, non sia mai stata abolita, per cui ogni sacerdote del mondo ha la facoltà di celebrare quella Messa in latino, simbolo de “la Tunica inconsutile di Gesù” che la soldataglia romana ebbra non ebbe il coraggio di “stracciare”, quella stessa Tunica, “quell’unica veste, figura e simbolo dell’unità dei credenti in Cristo, che i riformatori passati-presenti-futuri fecero a pezzi con una foga avente, si direbbe, dell’odio più che del confessato disprezzo”. (Cfr. Tito Casini in “La tunica stracciata” Ed. “Il Carro di San Giovanni” Firenze, 1970).
S.E. il cardinal Bartolucci nativo del “verde mugello”, (oggi rosso!), come nativi del Mugello e suoi estimatori furono altri due grandi cardinali difensori della Tradizione, il borghigiano P. Luigi Ciappi, o. p, e il firenzuolino Tito Casini, non ha mai fatto mistero di essere uno strenuo difensore della Messa Tradizionale (“avrei semmai difficoltà a celebrare il nuovo rito”) e di detestare quella deteriore liturgia pacchiana del “fai da te”: melensa, creata da alcune monache, il sentimentalismo da “Grand Hotel”, le chitarrine e le tarantelle, le chierichette con i capelli sciolti, vestite da Biancaneve, il prete con la casula arcobalenata in mezzo ai ‘tazebau’, i miagolii dei coretti, la Sacra Particola profanata e data nelle mani…
Noi non possiamo che vedere con estrema gioia questo gesto paterno del Santo Padre, questa sollecitudine pastorale di questo grande pontefice, un segno che indica come Benedetto XVI abbia reso alla Chiesa “la voce e la preghiera”, la “Messa dei nostri antenati e dei nostri Santi”.
Per gli uomini della Tradizione che in quest’ultimo quarantennio hanno tenuto duro, riducendosi financo a celebrare la Santa Messa nelle catacombe, la nomina del Card. Bartolucci –che ha sempre fatto suo il motto, che fu dell’eroico vescovo di Munster Von Galen che si batté contro il nazismo, “etiam omnes, ego non”- rappresenta non solo un grande incoraggiamento, ma il giusto riconoscimento della Verità della buona battaglia, perché la Tunica inconsutile del Cristo ma più venga stracciata.

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