PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI PRIMO SIENA “LA PERESTROIKA DELL’ULTIMO MUSSOLINI “ – L’INTERVENTO DI PIETRO GIUBILO

Il 2 marzo 2012 a Roma, a cura del Sindacato Libero Scrittori Italiani, è stato presentato il libro di Primo Siena “LA PERESTROIKA DELL’ULTIMO MUSSOLINI“, ed. Solfanelli.

Riportiamo qui di seguito l’intervento di Pietro Giubilo

siena

 

Vorrei, innanzitutto, partire da una considerazione non collegata direttamente al libro di Siena.

Il malessere italiano che nasce come crisi morale e politica e che si esprime in un Paese che oggi arretra economicamente e presto anche socialmente e che, soprattutto, non riesce a trovare la strada per una grande riforma costituzionale, sola in grado di ricreare una reale e forte condizione democratica, cioè un nuovo patto tra istituzioni e popolo, questo malessere, dicevo, deriva , a mio avviso, da una lunga linea grigia di “guerra civile”, non certamente bellica, ma politica, permanente, che riemerge come un fiume carsico nel corso della sua storia contemporanea ed anche negli ultimi decenni.

I quasi venti anni della politica italiana, dai primi anni novanta ad oggi, sono espressi, a mio avviso, da due episodi emblematici : il lancio delle monetine a Craxi davanti al Raphael , il 30 aprile del 1993 e le contestazioni a Berlusconi, quando si reca al Quirinale per dimettersi, il 12 novembre del 2011.

Corollario a questa lunga linea di odio politico è l’idea, teorizzata da Massimo Giannini – vice direttore di Repubblica – e divulgata dal suo editore , di un Berlusconi “ tra fascismo e populismo”.

Ricordiamo che tale giudizio venne attribuito, nel passato, anche a personaggi non graditi alla sinistra radicale e comunista come Tambroni, Fanfani ( Nenni lo definì “vecchio fascista” ), Craxi, e ne dimentico altri.

Anche Pacciardi, combattente antifascista in Spagna , come ha più volte ricordato Giano Accame, “dovette difendersi da accuse di fascismo”, nel discorso all’Adriano del 10 maggio del 1964.

Come dire: c’è sempre un antifascismo che riappare come la ragione della politica italiana.

Un libro come questo di Primo Siena che mostra aspetti sul fascismo e su Mussolini e la RSI ignorati dai pregiudizi della storiografia azionista o comunista, può aiutare anche a spiegare più compiutamente la recente storia italiana.

E, soprattutto a ritrovare elementi unitari e pacificatori che , per certi aspetti, sempre, ma invano, andiamo rincorrendo.

Debbo dire, a questo proposito che c’è un altro episodio emblematico, rappresentato dal discorso di Berlusconi ad Onna il 25 aprile del 2009 – unica occasione nella quale l’ex premier partecipò alla ricorrenza della Liberazione – nel quale celebrò quella data come “una festa di tutti gli italiani che amano la libertà e vogliono rimanere liberi “.

Baget Bozzo, interpretando quel discorso scrisse in un articolo dal titolo “Dalla liberazione alla libertà” che Berlusconi aveva sostituito “al concetto di Resistenza di una minoranza, quello di una scelta per la libertà del popolo e della nazione italiana”.

In sostanza, secondo Baget , “il popolo e la nazione” venivano “interpretati da Berlusconi come il fondamento dello Stato, ciò che gli conferisce figura di Stato sulla base di una cultura e di una legittimità fondata sul consenso”. A questo proposito – e l’amico Pier Paolo Saleri lo sa perché lo ascoltammo insieme – don Gianni scrisse un libro proprio sul tema del popolo e della Nazione italiana anche con riferimento al fascismo che ci fece leggere, ma che purtroppo non pubblicò e che sarebbe interessante recuperare e divulgare

E’ , peraltro, quest’ultimo un tema – quello tra Stato, Nazione e consenso – che ritroviamo nelle analisi di Primo Siena come ha ben sottolineato nella prefazione il professor Parlato, ma anche nel suo interessantissimo intervento.

Si può dire, per una coincidenza che non può essere solo casuale che, dopo quella data, si andò costruendo l’offensiva mediatico giudiziaria e quella spaccatura dentro il centro destra che, un anno e mezzo dopo, determinarono la crisi politica.

Sempre in questo ordine di questioni , – e cioè della storia antiunitaria dell’Italia – senza volermi dilungare, ritengo che un altro problema storiografico dovrebbe essere oggetto di ulteriori ricerche.

Mi riferisco alle vicende del 25 luglio del 1943 definite “per certi versi ancora da decriptare” dal professor Giuseppe Parlato nella prefazione ad un intelligente libro di Pietro Ciabattini e che sono state oggetto di alcune “rivelazioni”, in parte già note, nel libro di Piero Buscaroli “Dalla parte dei vinti”, ma il cui contesto, quello cioè della “pace separata con l’URSS “ è oggetto, in questo periodo, di una importante ricerca da parte di Eugenio Di Rienzo ed Emilio Gin , anticipata nel numero di gennaio aprile 2011 del quadrimestrale “Nuova Rivista Storica”.

Passando più direttamente al contenuto del libro oggi presentato, che intenderebbe descrivere il Mussolini più vero, che fa studiare e vorrebbe presentare un progetto di Costituzione , esso sembra andare in controtendenza rispetto al giudizio più drastico di Renzo De Felice, per il quale “Mussolini come capo politico della RSI non esistette o quasi”.

Primo Siena , anzi, riconosce come nella perestroika della sua fase ultima, il Duce affermi la vera natura del suo pensiero che non era dittatoriale o totalitario, ma quello di una democrazia organica, alternativa alla democrazia dei partiti ed espressione della società civile e dei corpi intermedi.

E’ una tesi coraggiosa, ma non priva di fondamento.

Anche un lucido analista delle vicende legate alle “costituzioni” della RSI come Franco Franchi, si è domandato se non sia “eresia accostare ‘democrazia’ e ‘fascismo’, “, per rispondere, comunque, che “il fascismo non nasce come dittatura”, ma “si attua con la dittatura”.

Primo Siena dimostra inoltre il “pluralismo” fascista descrivendo ampliamente i riferimenti intorno al fermento culturale e religioso di organizzazioni, intellettuali, periodici e giornali che dimostrano una ricchezza di pensiero e politica dentro la RSI : pensiamo a Pound, Marinetti, Coppola, Ojetti, Buzzati, Spampanato, Amicucci, Pettinato ed altri.

Ed è questo un elemento importante che evidenzia il carattere non assolutista della fase del fascismo repubblicano.

Soprattutto è interessante la descrizione e l’analisi dei documenti sugli aspetti istituzionali del popolarismo mussoliniano dal Manifesto di Verona al progetto costituzionale del Ministro Carlo Alberto Biggini e di Vittorio Rolandi Ricci, il “Socrate della Repubblica”.

Tuttavia su questo punto desidererei fare alcune osservazioni:

  • la prima è che non trovo riportate, nella pur attenta descrizione di Siena sul Congresso di Verona, forse mi sono sfuggite, quelle critiche o, piuttosto, quella “delusione” che Mussolini provò – come ha descritto Spampanato nel suo Contromemoriale – poiché avrebbe voluto, come riporta Renzo De Felice “una maggiore maturità dei delegati” o “entrare più in profondità” per cui avrebbe preferito “dieci giorni di riunioni”; forse Mussolini avrebbe gradito un dibattito più ampio e approfondito;

  • l’altro aspetto che vorrei sottolineare è che pur nella positività del far emergere questa idea di democrazia organica, trovo più congeniale , per una ispirazione cattolica, l’idea di una società organica , che , ovviamente, non è la stessa cosa.

Una democrazia organica è forse l’espressione di un sistema politico basato sul potere dei corpi intermedi, differente dalla idea di una democrazia diretta che, ad esempio, in modo magistrale, descrive Giuseppe Capograssi nei suoi scritti sull’argomento.

Questo tema della democrazia organica e del suo riferimento alla cultura cattolica è, comunque, un elemento importante dello studio di Primo Siena anche per meglio capire ed inquadrare, come accenna nella prefazione Giuseppe Parlato, quei “cattolici che negli anni cinquanta e sessanta così interpretarono il loro essere fascisti in democrazia, ma non è mai stato studiato davvero”. La relazione di Rasi ce ne ha mostrato , invece, l’importanza e l’attualità.

C’è, infine, un altro aspetto che giustifica un giudizio positivo e offre un significato importante a questo lavoro di Primo Siena.

Siena documenta ampiamente e ci aiuta a capire la vera natura del fascismo che è massimamente necessaria ed utile per ridimensionare le tesi azioniste e della storiografia di sinistra che, sempre, hanno accumunato fascismo e nazismo, tanto è vero che il termine nazifascismo è quello usato per descrivere questi fenomeni storici tra le due guerre , assimilate nella definizione di “male assoluto”.

Siena ci aiuta a comprendere l’identità del fascismo soprattutto attraverso quelle adesioni o, meglio, quei rapporti anche di critica con l’area del socialismo moderato, della destra cattolica e dell’area mazziniana, che descrive, come quelle dei socialisti Nicola Bombacci e Carlo Silvestri, del filosofo ex crociano Edmondo Cione, del cattolico fondatore del movimento Giovani Italiani Repubblicani Luciano Stanghellini, del genero di Giovanni Papini Barna Occhini fondatore di Italia e Civiltà, di Giovanni Spadolini,di Giacomo Barnes con i suoi scritti contro l’alta finanza condannata dalla Chiesa, di Ugo Manunta direttore de La Sera , del filosofo Siro Contri e di tanti altri, citati anche da Piero Vassallo in una recensione del libro .

Una modesta, ma interessante prova di pluralismo è la nascita a metà febbraio del 1945 – lo ricorda Luciano Garibaldi nel libro “Mussolini e il professore” – , “con una ordinanza del Duce, del Partito Repubblicano Socialista Italiano” che , secondo la Stefani, avrebbe avuto “l’intento di esercitare responsabile opera di critica e di controllo sugli atti di governo e dell’amministrazione”.

Sono interessanti i fermenti ideali , descritti nel libro, collegati a don Tullio Calcagno e Crociata Italica e le condivisioni di Giovanni Gentile che apprezzò questo rinnovamento di Mussolini verso una più accentuata identità cattolica certamente in contrasto con gli indirizzi neo pagani del nazionalsocialismo e della sua cultura di riferimento nordeuropea, peraltro indirettamente confermati dalle difficili relazioni con Farinacci.

Ma è soprattutto il sostrato culturale che anima il progetto costituzionale di Biggini e Rolandi Ricci a porre in evidenza le caratteristiche di questa svolta importante del fascismo di Salò, nel cui articolato, tuttavia, permane , se pur attenuato, un riferimento razzista, forse influenzato dalla presenza germanica.

Questo aspetto del rapporto con l’”alleato” tedesco costituisce un problema storiografico che, come per le altre questioni indicate all’inizio, meriterebbe un approfondimento.

Occorre, per una analisi che possa alleggerire le responsabilità di Mussolini, continuare le ricerche che, peraltro, non mancano, e diffondere, con ulteriori argomentazioni, la tesi per la quale la RSI fu anche un modo, per il fascismo, di esprimere più una esigenza di dignità nazionale, messa alla prova dalla “morte della Patria” dell’ 8 settembre, che non la conferma di una alleanza che segna pesantemente il significato complessivo della vicenda mussoliniana, rispetto alla quale il Duce , accettando il voto del 25 luglio, pensava, forse, di porre in atto una strategia di sganciamento . Penso al lavoro intellettuale a cui ha fatto riferimento Rasi e le ricerche di Adalberto Baldoni.

E l’affermazione di Attilio Tamaro in “ Due anni di storia” secondo la quale Mussolini “riteneva che non avrebbe potuto presentarsi all’Assemblea, se prima non avesse ottenuto dai tedeschi la garanzia che le terre del confine settentrionale e orientale sarebbero rimaste italiane”, per un certo verso ne è una prova.

Anche questa opera di Primo Siena dimostra, infine e per concludere , non solo l’utilità della revisione storiografica, ma anche e soprattutto lo sforzo di libertà che non può non accompagnare lo studio e la ricerca scientifica della storia, contrastando alla radice gli argomenti di coloro che , invece, considerano il giudizio politico sulla storia come un dato non eliminabile, confermando un’idea di egemonia e di assolutismo che nessuna considerazione di tipo ideologico può ormai giustificare.

 



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