Propaganda di guerra. Quando le prove tecnologiche non reggono la prova della ragione

Una ragazza viene ritrovata priva di vita sulle scale di casa, sangue ovunque, porta chiusa dall’interno. Parte il giallo nazionale, nessuno ci si raccapezza. Il giorno seguente arrivano i curiosi con i fiori, le letterine delle bambine scritte in classe giusto per sensibilizzare sull’ennesimo femminicidio (Giulio Cesare può aspettare). Arrivano i RIS, in due giorni trovano DNA “ignoto uno” sul reggiseno della vittima, in altri due è bell’e risolto il giallo in diretta TV. Fidanzato alla gogna. E di chi avrebbe dovuto essere il DNA, di Giulio Cesare?

La verità è che siamo talmente drogati di trovate tecnologiche che abbiamo rinunciato a pensare. Il tenente Colombo risolveva i casi utilizzando il raziocinio, facendo ipotesi, utilizzando una maieutica poliziesca tanto spettacolare quanto semplicemente umana. Il colpevole ci casca. Ci casca sempre perché la verità è una, anche se non piace ai giornalisti, mentre le menzogne sono infinite. E a furia di mentire, ci si imbroglia. Non pare un concetto difficile da capire.

Eppure, tutti i drogati tecnologici sembrano in astinenza perenne, hanno bisogno di nuove prove video quotidiane, come quelle prove video satellitari americane attestanti un massacro di civili in Ucraina da parte dei russi. È proprio il caso esemplare della vicenda di Bucha, sobborgo di Kiev, attorno al quale si è costruito un giallo da manuale, risolvibile solamente con l’uso di quella che una volta si chiamava materia grigia, e che oggi scarseggia anche al colorificio.

Scarseggia ma, grazie a Dio, qualcuno ne è ben fornito, il tenente Colombo certamente farebbe i complimenti a Toni Capuozzo, uno che il giornalismo non lo fa sul set da avanspettacolo serale, ma lo ha sempre fatto con i propri occhi e i propri baffi. L’altra sera, ospite di un programma televisivo fra i tanti, anche se non fra i peggiori (e forse per questo motivo) ha sciorinato un paio di minuti di utilizzo magistrale di materia grigia autentica, da essere annoverato fra gli exempla.

Nell’ipotesi di lavoro di sollevare qualche dubbio su quello che è accaduto a Bucha, Capuozzo ha probabilmente ricostruito l’orribile verità. Lo riportiamo testuale perché l’incedere del linguaggio parlato merita attenzione.

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4 aprile. «Guai a non porsi delle domande. Allora a me non convince (Il risultato finale non cambia: è l’orrore), non mi convince la sequenza dei tempi. Cerco di essere breve. Il 30 (marzo n.d.r.) i russi se ne vanno da Bucha. Il 31 il sindaco rilascia un’intervista davanti al municipio soddisfatto, dice “è una giornata storica, Bucha è liberata”. Il 1° aprile l’intervista va in onda a Ukraine24 TV, non c’è menzione di morti nelle parole del sindaco, e Bucha non è una città molto grande, son 28.000 abitanti, possibile che nessuno gli abbia detto “guarda che in quel quartiere ci sono i morti per strada”? Il giorno dopo, il 2 aprile, c’è un filmato della polizia ucraina che mostra le devastazioni della guerra a Bucha, c’è un solo corpo di un militare russo, che viene lasciato ai bordi della strada. Il 3, il 3 incominciano a girare le immagini dei morti per la strada. Da dove son saltati fuori? Come spuntano? Ora io mi chiedo ancora adesso: mi spiace essere crudo – mi scuso con chi sta a casa -, ma quando tu uccidi una persona (ne abbiam viste di stragi così), una persona con un colpo di pistola alla tempia, fin quando il cuore continua a battere, è una pozza di sangue. Avete visto pozze di sangue vicino a questi corpi?… Io mi chiedo: 28.000 abitanti vuol dire che ci si conosce quasi tutti, è mai possibile che dopo quattro giorni, non c’è nessuno che abbia messo un lenzuolo pietoso? Nessuno che sia andato a cercare un proprio parente, chi erano quelle persone uccise? Io li ho visti come sono i cadaveri dopo qualche giorno. Queste vittime sono in strada da tre settimane? Non sarebbero in quelle condizioni!».

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Quindi, ricapitolando: le verità della logica sono più forti di qualsiasi prova video. La prova video, l’immagine, può essere manipolata o artefatta, la logica non può essere confutata, soprattutto se non si hanno argomenti, ma crisi isteriche di natura ideologica.

L’intera vicenda lo dimostra: perfino la prova video del satellite americano non regge di fronte alla potenza della ragione argomentativa. Quindi cosa sono questi morti? Non saranno civili ucraini collaborazionisti dell’occupante russo finiti vittime del probabile regolamento di conti a seguito della ritirata russa? Saranno stati morti di un set cinematografico, non più morti dei morti ammazzati degli episodi del tenente Colombo?

Ciò che è certo in questo pazzo mondo di tecnofili è che la verità di ieri viene subito insabbiata dalla notizia di oggi: “Strage a Borodyanka: scoperti 200 corpi”, “Torture di massa anche su bambini, civili trucidati. Orrore a Borodyanka”. Non si fa in tempo a smascherare un crimine che subito un altro ne viene squadernato sui rotocalchi dell’informazione unificata. Che sia vero o meno, non fa notizia.

1 commento su “Propaganda di guerra. Quando le prove tecnologiche non reggono la prova della ragione”

  1. Giuseppe Schieppati

    E, se posso dire, anche la prossemica ha i suoi diritti: notate la distribuzione dei corpi, posati a intervalli regolari e ben alternati ai lati della via; anche questo può essere un (piccolo) elemento di sospetto

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