Scriptorium – Recensioni. Rubrica quindicinale di Cristina Siccardi

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Recensioni  –  rubrica quindicinale di Cristina Siccardi

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Ultime conversazioni di Benedetto XVI, a cura di Peter SeewaldSiamo di fronte a memorie, riflessioni, commenti di un professore e di un funzionario in riposo che ha lavorato nella Chiesa, più che servito la Chiesa.

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z-b16ultI testamenti, sia notarili che spirituali, si aprono post mortem. Ma oggi, nell’età mediatica e delle interviste, esistono i testamenti di chi è ancora vivo. Le Ultime conversazioni di Benedetto XVI (Papa emerito è omesso), a cura di Peter Seewald (edito in Italia da Garzanti e uscito in edizione speciale per «Corriere della Sera»), vengono proposte come «testamento spirituale, il lascito intimo e personale del papa che più di ogni altro è riuscito ad attirare l’attenzione sia dei fedeli sia dei non credenti sul ruolo della Chiesa nel mondo contemporaneo». Così è scritto sull’aletta di copertina di questo bestseller, uscito ieri in contemporanea mondiale e che lascia un profondo amaro in bocca. Siamo di fronte a memorie, riflessioni, commenti di un professore e di un funzionario in riposo che ha lavorato nella Chiesa, più che servito la Chiesa.

È un libro che disincanta.

Si tratta di un testo molto importante, da consigliare soprattutto a chi si era illuso che con Benedetto XVI si sarebbe potuti “tornare a casa”, alla Fede autentica. È un libro che procura dolore cocente; ma è fondamentale, perché parla a chi non avesse ancora compreso che le cause della pandemica crisi della Chiesa sono da rintracciare nel Concilio Ecumenico Vaticano II, al quale il giovane Joseph Ratzinger, formatosi sulla teologia d’avanguardia, partecipò in qualità di consulente teologico del Cardinale Josef Frings. Con palese evidenza emerge che al Concilio vinsero i progressisti. «Cosa l’ha affascinata di più dello scenario conciliare?», chiede l’intervistatore:

«Anzitutto, semplicemente, l’universalità del cattolicesimo, la sua pluralità, il fatto che uomini provenienti da tutte le parti della Terra si incontrassero, uniti nello stesso ministero episcopale, e potessero parlare, cercare una strada comune. Per me fu poi enormemente stimolante incontrare figure della levatura di Lubac – anche solo parlare con lui – di Daniélou, di Congar. O anche discutere con i vescovi. La pluralità e l’incontro con personaggi eminenti, che inoltre avevano la responsabilità di prendere le decisioni, furono davvero esperienze indimenticabili» (p. 122).

Egli era allineato nello schieramento progressista: «All’epoca essere progressisti non significava ancora rompere con la fede, ma imparare a comprenderla meglio e viverla in modo più giusto, muovendo dalle origini. Allora credevo ancora che tutti noi volessimo questo. Anche progressisti famosi come Lubac, Daniélou e altri avevano un’idea simile. Il mutamento di tono si percepì già il secondo anno del Concilio e si è poi delineato con chiarezza nel corso degli anni successivi». Se tutti gli effetti hanno una causa è chiaro che furono proprio i Lubac, i Daniélou, i Congar a far deragliare il treno della Chiesa, portando corruzione dottrinale, dissacralità, disordine, insubordinazioni.

È un libro che impressiona

L’atteggiamento rispetto al Concilio, già nel corso degli anni Sessanta, muta in Ratzinger, ma le sue critiche non vengono risolte, poiché egli ha da allora in poi ricercato l’errore nell’interpretazione dei testi, nell’applicazione dei testi e mai nei testi stessi. Benedetto XVI è un convinto assertore della libertà religiosa, dell’ecumenismo, della collegialità, evidenti elementi di frattura con la Chiesa preconciliare.

Le sue esternazioni del 1966 al Katholikentag di Bamberga tracciano un bilancio che esprime scetticismo e disillusione postconciliare. Un anno dopo, durante una lezione a Tubinga, ammonisce che la fede cristiana è circondata «dalla nebbia dell’incertezza come mai prima nella storia». Perché? «La volontà dei vescovi era quella di rinnovare la fede, di renderla più profonda. Tuttavia fecero sentire sempre più la loro influenza anche altre forze, specialmente la stampa che diede una interpretazione del tutto nuova a molte questioni. A un certo punto la gente si chiese: se i vescovi possono cambiare tutto perché non possiamo farlo anche noi? La liturgia cominciò a sgretolarsi scivolando nella discrezionalità e fu ben presto chiaro che qui le intenzioni positive venivano spinte in un’altra direzione. Dal 1965, quindi, sentii che era mio compito mettere in chiaro che cosa davvero volevamo e che cosa non volevamo» (p. 135).

È un libro che mette a nudo le considerazioni del Papa emerito

Tutto, per Benedetto XVI, rientra in una dinamica evolutiva di hegeliana memoria. Come non fare, allora, riferimento al rigoroso libro che Monsignor Bernard Tissier de Mallerais pubblicò nel 2012 (Editrice Ichthys),  “La strana teologia di Benedetto XVI: ermeneutica della continuità o rottura?”. Leggendo questo saggio si potranno offrire risposte serie e adeguate al modo con cui Papa Ratzinger riesce ancora oggi, con la tragedia ecclesiastica e cattolica in corso, risolvere i rimorsi di coscienza sorti con l’Assise.

«Certo, ci chiedevamo se avevamo fatto la cosa giusta. Era una domanda che ci ponevamo, specialmente quando tutto si scardinò. Il cardinale Frings più tardi ebbe forti rimorsi di coscienza. Io, invece, ho sempre mantenuto la consapevolezza che quanto avevamo detto e fatto approvare era giusto e non poteva essere altrimenti. Abbiamo agito in modo corretto, anche se non abbiamo valutato correttamente le conseguenze politiche e gli effetti concreti delle nostre azioni. Abbiamo pensato troppo da teologi e non abbiamo riflettuto sulle ripercussioni che le nostre idee avrebbero avuto all’esterno» (pp. 135-136).

Tutto ciò ha condotto ad una Passione della Chiesa senza precedenti, che senza intervento divino sarà impossibile risolvere. I tronfi teologi, che hanno manovrato e guidato il Concilio pastorale Vaticano II hanno deliberatamente rivoluzionato un ordine che per duemila anni di storia si era alimentato, con i suoi tralci, direttamente alla Vite, Cristo. «Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli. Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore» (Gv 15, 5-10).

È un libro dal sapore pirandelliano

Pare incredibile, per un credente, che di fronte allo scempio religioso, spirituale ed etico attuali non ci sia, da parte del papa che ha rinunciato alla sua responsabilità di Sommo Pontefice, nessun tipo di reazione né scandalizzata e neppure sofferta… Lo sguardo è asettico: egli si pone come il ricercatore che osserva il fenomeno, prende atto della situazione e invece di guardare ai rimedi, ovvi, della Tradizione della Chiesa, sostiene la sua autodistruzione a vantaggio di uno sviluppo avanzante della cultura, della filosofia, della teologia, della sociologia e, dunque, della Chiesa. Il mondo cambia e la Chiesa è tenuta a mutare, secondo un disegno rivoluzionario. Ultimo Papa del vecchio mondo o primo del nuovo? «direi entrambi […] io non appartengo più al vecchio mondo, ma quello nuovo in realtà non è ancora incominciato» (p. 218). Benedetto XVI è uno, nessuno, centomila. Non offre certezze dottrinali e dogmatiche. Sono giunte le problematiche conseguenze del Vaticano II?  Non è dipeso dai progressisti, perché essi hanno agito «in modo corretto».  Così facendo la coscienza cattolica viene soffocata. Urge il mondo, non il sopramondo.

Nel libro appare, fra gli «scandali più inflazionati», ovvero fra pedofilia ecclesiastica e caso Vatileaks, la revoca della scomunica al Vescovo Richard Williamson (oggi fuori dalla Fraternità Sacerdotale San Pio X), scandalo secondo il quale il Papa avrebbe riaccolto nella Chiesa un negazionista dell’Olocausto. Il mondo ebraico insorse e con esso il quarto potere. Tuttavia il libro rende adesso tutto pirandellianamente chiaro:

«Williamson non fu mai cattolico né ci fu una riabilitazione della Fraternità. Anzi, il tema del rapporto tra il mondo ebraico e quello cristiano è tra quelli che stanno più a cuore di Ratzinger. Senza di lui, affermò Israel Singer, segretario generale del Congresso ebraico mondiale dal 2001 al 2007, non sarebbe stata possibile la determinante svolta storica nei rapporti bimillenari tra Chiesa cattolica ed ebraismo. Rapporti che, riassume Maram Stern, vicepresidente del Congresso ebraico mondiale, sotto il pontificato di Benedetto XVI sono stati i migliori di sempre» (p. 15).

«Fan» di Giovanni XXIII, «complementare» a Giovanni Paolo II, fra un riso e l’altro, come registra spesso lo scrittore e giornalista Seewald, Benedetto XVI offre in questo contesto un messaggio religioso cristiano incerto, svuotato, terribilmente orizzontale.

Operazione mediatica planetaria di una Chiesa in grande difficoltà, sotto il governo di Francesco, che cerca di coprirsi con l’appoggio di Benedetto XVI? «Io sono un’autorità su come far pensare la gente» afferma Charles Foster Kane, protagonista e magnate dell’editoria del film Quarto potere (1941) di Orson Welles.

(1 – continua)

14 commenti su “Scriptorium – Recensioni. Rubrica quindicinale di Cristina Siccardi”

    1. Faccio notare che Benedetto XVI ha poi riletto e approvato il testo scritto dall’amico. Quindi non ci dovrebbero essere dubbi sulle risposte date.

  1. Anche io ho letto l’articolo di M.Blondet, è lui sostiene esattamente il contrario, e cioè, ciò che è scritto in quel libro è “estorto ” con riccato ad un uomo ormai debole, e poi sempre secondo l’autore l’ultima parte del libro, è scritto con un linguaggio più simile a quello dell’attuale pontefice, e questo riccordando sempre secondo Blondet, che la dicchiarazione che fece l’11 febraio del 2013 era stata scritta in un latino diffettoso che non era certo attribuibile al prof. Ratzinger.
    Siamo in un mistero fitto.

  2. Non ho letto il libro, e non so giudicare a fondo Ratzinger/Benedetto XVI, tuttavia alcune sue intuizioni sono geniali, così come denunciare la “dittatura del relativismo”. Che poi non sia stato conseguente, è un altro discorso.

  3. Appoggio in toto ciò che scrive la dott.ssa Siccardi. Sarà anche perché facilitato dal fatto che questo (e non solo) rappresenta il mio pensiero su Ratzinger da svariati anni, anche quando più volte mi sono dovuto sorbire gli attacchi di certi suoi accaniti sostenitori in alcuni blog e in altri contesti. Che non si fermavano di fronte a niente. E cioè? Cioè di fronte alla REALTÀ (seppur per loro “irrealistica”) di molte dichiarazioni (ultima ad esempio come papa davanti al clero romano nel febbraio 2013) documenti, video. Me ne feci una ragione. Pazienza. E con le numerose apparizioni e ulteriori interviste e libri che da ex papa (mi viene la pelle d’oca a usare l'”ex” davanti a “papa” e non perché amassi Ratzinger, ma per la figura del papato stesso, quasi a tempo) egli ha fatto – scordandosi anche evidentemente delle proprie promesse di vita esclusivamente ritirata – tali mie convinzioni si sono vieppiu’ rafforzate.
    Non ne sono felice, ma così è sia che ci paia che no.

  4. luciano pranzetti

    Dice bene, gent.ma Siccardi, quando scrive “funzionario in riposo che ha lavorato nella Chiesa, più che servito la Chiesa,” perché è l’ emerito che, in un passo del libro/intervista, lo conferma quando disinvoltamente osserva: “Ognuno ha il proprio carisma. Francesco è l’uomo della riforma pratica. E’ stato a lungo arcivescovo, conosce il mestiere.” Ecco: il “mestiere”, cosa ben diversa dalla “missione”. In tal modo il card. Ratzinger fa intendere che anche la vita di Gesù, e il suo insegnamento, sono stati gli aspetti di un “mestiere”. Mi permetto, cortesemente, un commento a quanto scrive il sig. Andrea laddove afferma come alla denuncia della “dittatura del relativismo” non sia stato conseguente, concludendo che questo “è un altro discorso”. No, io dico che non è discorso altro ma la carta d’identità di uno che, nel libro, dichiara la propria debolezza a portare avanti programmi di riordino, di uno che proprio si smentì organizzando Assisi 2011 ed entrando a pregare in moschee e…

  5. C’è un articolo di Socci nel suo blog “Lo straniero” molto interessante, che commenta questo libro e ne da un’interpretazione diversa….un Benedetto ultimo Papa VERO alla luce della famosa profezia di San Malachia prima della fine dei tempi!

  6. Quando la diplomazia supera il Vangelo
    L’arte della diplomazia vaticana, manifestatasi nel nuovo metodo pastorale inventato con l’enciclica “Gaudet Mater Ecclesia”, si è resa necessaria, a detta di Papa Giovanni XXIII, in quanto la dottrina doveva “essere approfondita ed esposta secondo quanto è richiesto dai nostri tempi. Quanto al tempo presente, la Sposa di Cristo preferisce usare la medicina della misericordia invece di imbracciare le armi del rigore; pensa che si debba andare incontro alle necessità odierne, esponendo più chiaramente il valore del suo insegnamento piuttosto che condannando”. Con tali premesse si può capire come il libro “Ultime conversazioni” attribuito a Benedetto XVI sia stato scritto a 4 mani, pro bono Ecclesiae, come è accaduto per l’enciclica “Lumen fidei”. Per rendere credibile il contenuto, si inizia con la confessione di Ratzinger, consulente del Card. Frings, e si rimane sbalorditi per la sicurezza che sembra ancora dimostrare, dopo 50 anni, quando al manifestarsi dei…

  7. dei primi crolli nell’edificio ecclesiale, iniziati sin dalla chiusura del Concilio, liquida l’operato dei “progressisti” come un buon lavoro, nonostante le perplessità del cardinale. Ma quello che appare veramente incredibile è lo sperticato elogio del pontificato argentino, che sta ribaltando la chiesa per renderla aperta a tutto, anzi più a quanto per duemila anni è stato universalmente ritenuto peccato, secondo il Vangelo, e rinnegando ciò che consentirebbe al credente di raggiungere la “salvezza dell’anima”. Come si può credere che Benedetto XVI avendo stabilito i “principi non negoziabili” possa accettare il verbum di un gesuita, che a norma canonica non poteva divenire né cardinale né papa, possa capovolgere la Tradizione e parlare, senza impegnarsi “ex cathedra”, sia dall’alto dei cieli, utilizzando jet di linea, come dalle spiagge di Lesbo e Lampedusa, o rispondendo al papa laico Scalfari, o telefonando a giornalisti di Buenos Aires, “come uno che ha autorità, e non con come gli scribi”. (Mt…

  8. Comunque lo si voglia interpretare questo libro, “coup de théâtre”, fa parte della strategia per affermare che il Papa emerito è un figura retorica e inconsistente, “Ipse dixit”!

  9. jb Mirabile-caruso

    Diciamo, in estrema sintesi, che Benedetto XVI è un “uomo di pensiero”, mentre Francesco è un “uomo d’azione”: entrambi letteralmente INCAPACI, tuttavia, di prevedere l’impatto devastante che le loro rispettive peculiarità di pensare e di agire hanno sul pilastro portante della Fede su cui resta la Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Entrambi – se mi è dato esprimere schiettamente il mio pensiero – assolutamente INADEGUATI a ricoprire l’altissimo incarico a cui sono stati assegnati.

  10. Quello che non riesco a capire è che “Io, invece, ho sempre mantenuto la consapevolezza che quanto avevamo detto e fatto approvare era giusto e non poteva essere altrimenti. Abbiamo agito in modo corretto” non venga collegato con le conseguenze ammesse degli “effetti concreti delle nostre azioni” (evidentemente problematici, a dir poco). Se gli effetti concreti sono stati quelli che vediamo, com si fa a non ammettere che qualcosa non andava bene in quanto avevano detto e che qualcosa non era giusto e poteva essere detto altrimenti? Qui Ratzinger sta negando il principio di causa -ed-effetto. “Dai frutti conoscerete i buoni profeti”

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