Scriptorium – Recensioni. Rubrica quindicinale di Cristina Siccardi

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Le tre età della vita interiore (quarta e ultima parte) – di Padre Garrigou-Lagrange Op. Da creature, con il sacramento del Battesimo, si diventa figli di Dio: altissima dignità, che inserisce la persona nella figliolanza divina. Ciò comporta onore, ma anche oneri. Nei confronti del Padre celeste si rivendicano spesso i propri diritti, le lamentazioni sono innumerevoli, altrettante le indignazioni per ciò che accade nella propria vita e nel mondo… ma quanti battezzati si comportano come degna prole dell’Amore infinito?

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Da creature, con il sacramento del Battesimo, si diventa figli di Dio: altissima dignità, che inserisce la persona nella figliolanza divina. Ciò comporta onore, ma anche oneri. Nei confronti del Padre celeste si rivendicano spesso i propri diritti, le lamentazioni sono innumerevoli, altrettante le indignazioni per ciò che accade nella propria vita e nel mondo… ma quanti battezzati si comportano come degna prole dell’Amore infinito? Oggi, poi, è assai arduo… immersi come siamo nelle continue sollecitazioni di un mondo sempre pronto a stordire e incatenare con le sue pressioni, le sue passioni, i suoi condizionamenti, le sue contraddizioni, le sue crudeltà, i suoi divertimenti, i suoi sballi…  Nell’epoca in cui tra gli amici del Papa si annoverano il defunto Marco Pannella, Emma Bonino e la cancelliera Angela Merkel, che incontrerà oggi per la sesta volta, le anime hanno urgenza impellente di sentire parlare non di diritti umani, ma di diritti divini e di relativi diritti delle anime.

Ecco che nel quarto ed ultimo volume di quel capolavoro che sono Le tre età della vita interiore, ovvero La via unitiva dei perfetti. Le grazie straordinarie – Epilogo di Padre Garrigou-Lagrange OP (Edizioni Viverein), l’autore non fa panegirici laicisti su ecologismo, comunione ai divorziati, accoglienza smisurata ai clandestini invasori, non si occupa di “impegno sociale”, di rivoluzioni dentro e fuori la Chiesa, di fasulla pace mondiale, di pauperismo ipocrita, di idealismo menzognero, di fallace superbia antropocentrica… ma di santità.

Santa Teresa del Bambino Gesù, afferma il teologo domenicano, viene a ricordarci che le principali virtù di un battezzato, nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo, sono quelle in cui si ritrovano le qualità naturali di un bambino, meno i suoi limiti: «Questa via c’insegnerà così ad essere soprannaturalmente noi stessi, meno i nostri difetti. Il figlio di Dio dev’essere in primo luogo semplice e retto, senza alcuna doppiezza; deve escludere dalla sua vita l’ipocrisia, la menzogna e non cercar di apparire quello che non è» (p. 107).

Nostro Signore Gesù Cristo afferma: «Se il tuo occhio è semplice, tutto il tuo corpo sarà nella luce» (Mt 6, 22), ovvero, se lo sguardo del nostro spirito è retto, se retta è la nostra intenzione, tutta la nostra vita sarà colma di luce. L’umiltà è sorella per eccellenza dell’anima del figlio di Dio, il quale viene invitato a «conservare la coscienza della propria debolezza, della propria indigenza; deve ricordarsi di continuo che Dio nostro Padre ci ha liberamente creati dal nulla, e che senza la sua grazia non possiamo assolutamente nulla nell’ordine della santificazione e della salvezza» (p. 107).

Se il figlio di Dio, spiega ancora Garrigou-Lagrange, cresce in umiltà, avrà una fede sempre più profonda nella parola divina, più ancora che non i bambini nella parola dei loro genitori; avrà una fede senza rispetto umano e sarà orgoglioso della sua fede e di tanto in tanto questa diverrà in lui penetrante e gustosa al di sopra di ogni ragionamento, «vivrà veramente dei misteri di salvezza e li gusterà; li contemplerà con ammirazione» (p. ibidem).

Il figlio di Dio, se segue la Via, la Verità e la Vita di Cristo, vedrà la sua speranza consolidarsi di giorno in giorno, trasformandosi in un abbandono pieno di fiducia nella Provvidenza. Così «Più è fedele al dovere del momento presente, alla volontà divina significata, più può abbandonarsi al beneplacito divino ancora sconosciuto» (p. 108).

Il figlio di Dio ama davvero suo Padre e non soltanto per i Suoi benefici, così come un bimbo ama più sua madre che le carezze che ella gli prodiga. Il figlio di Dio ama suo Padre nella prova come nella gioia. La via spirituale dell’infanzia suggerita da Santa Teresina di Lisieux come da Padre Garrigou-Lagrange conduce all’adesione alla volontà di Dio, conciliando in tal modo diverse virtù apparentemente opposte: dolcezza e fortezza; semplicità e prudenza. Disse infatti Gesù ai suoi Apostoli: «vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani» (Mt 10, 16-18). Allora meno dobbiamo essere bambini con gli uomini, più dobbiamo divenire bambini con Dio: «Da lui solo può venirci la forza e la prudenza di cui abbiamo bisogno nelle lotte dei tempi attuali: dobbiamo sperare in Dio e nella grazia divina più che nella forza dei moti popolari» (p. 109). L’autore si riferiva agli anni del comunismo ateo, oggi perfettamente applicabili al nostro quotidiano: non ingenuità con gli uomini, ma scaltrezza; non fiducia negli ecclesiastici, seppur prodighi di leziosità e di blandizie, ma prudenza e fortezza per resistere alle tempeste dell’attuale Chiesa di Romana, sempre meno romana e sempre più mondana.

Il figlio di Dio è, dunque, prudente con il mondo «che è spesso perverso» (p. 108), ma anche forte, talvolta fino al martirio. «Ma per avere questa prudenza superiore e questa fortezza, è necessario il dono del consiglio […] e per avere questi doni dobbiamo divenire ognora più semplici e fanciulli di fronte a Dio, a Nostro Signore ed alla Vergine santissima […] Un altro punto sul quale conviene insistere è questo: se è ben compresa, la via d’infanzia concilia mirabilmente anche la vera umiltà col desiderio della contemplazione amorosa dei misteri della salvezza. Di qui possiamo scorgere come questa contemplazione, che procede dalla fede viva illuminata dai doni d’intelletto e di sapienza, fa parte della via normale della santità» e a quest’ultima sola il figlio di Dio deve ambire, perché: «Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. […] Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mat 5, 43-48).

Come sempre accade a chi si attiene al filo d’oro della Tradizione della Chiesa, San Paolo, Santa Teresina di Lisieux e Padre Garrigou-Lagrange ci dicono la stessa cosa: la via spirituale dell’infanzia conduce alle vette. L’Apostolo delle genti afferma: «Non siate bambini quanto al giudizio, ma fatevi bambini riguardo alla malizia e per il giudizio siate uomini fatti» (1Cor 14, 20). Dunque, ciò che distingue in primo luogo l’infanzia spirituale da quella naturale è la maturità del giudizio. Ma vi è anche un altro carattere rilevato perfettamente da san Francesco di Sales nel suo Trattato dell’amore di Dio (1, IX, c. 13 e 14): nell’ordine naturale, più cresce il bambino e più deve bastare a se stesso, perché un giorno suo padre e sua madre lo lasceranno solo. Viceversa nell’ordine della grazia più cresce un figlio di Dio e più egli comprende che non potrà mai bastare a se stesso, perché dipende intimamente dall’Onnipotente: «più cresce e più deve vivere dell’ispirazione speciale dello Spirito Santo, che supplisce coi suoi sette doni alle imperfezioni delle sue virtù, tanto che alfine è più passivo sotto l’azione divina che attivo della propria attività personale, e giunto al termine stabilito entrerà nel seno del Padre dove troverà la sua beatitudine. Il giovane o la giovinetta coll’andare degli anni lasciano i loro genitori per formarsi una vita propria; l’uomo di una quarantina d’anni va talvolta a far visita a sua madre, ma non dipende più da lei come prima; anzi ora è lui che la sostiene. Al contrario, il figlio di Dio nel crescere diviene ognora più dipendente dal Padre suo, sino a non voler più nulla senza di lui, senza le sue aspirazioni e i suoi consigli. Allora tutta la vita è impregnata di preghiera». E questa è la parte migliore, che mai gli sarà tolta.

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(4 – fine)

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