Scriptorium
Recensioni – rubrica quindicinale di Cristina Siccardi
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Il pastore della meraviglia – di Matino Gennaro. Un romanzo che fa entrare il lettore nell’incanto del Presepio e dell’innocenza.
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Ci avviciniamo al giorno di Natale e invece di rumore, chiacchiere, immagini profane, di Tv, smartphone, internet, c’è bisogno di silenzio e di raccoglimento. C’è bisogno di stare in contemplazione davanti a Gesù Bambino.
Di fronte al Divin Pargolo tutto assume una dimensione diversa e la nostra anima ritorna a desiderare il Sacro. Tutte le tensioni che ci procuriamo e che le persone, più o meno vicine, ci procurano, nella Santa Greppia di Betlemme svaniscono. Per creare uno spazio di silenzio per vivere e assaporare meglio il Natale c’è un libro che può essere di aiuto, Il pastore della meraviglia di Matino Gennaro (San Paolo). L’autore è di Napoli, una città in cui il Presepio è parte indissolvibile di sé e ne ha fatto, lungo il tempo, un’arte peculiare, conosciuta in tutto il mondo, e che non conosce crisi. Passeggiare per via San Gregorio Armeno (popolarmente chiamata San Liguoro), la strada dei Presepi, inoltrarsi nelle incantevoli botteghe dei mastri artigiani, è come riscoprire l’incanto dell’innocenza.
Il romanzo di Matino Gennaro ha proprio questa intenzione: far entrare il lettore nell’incanto del Presepio e dell’innocenza. Come vuole la Tradizione, l’anziano zio Peppe, napoletano d’altri tempi, l’ultima domenica di novembre inizia a spacchettare i suoi pastori per realizzare «O Presepio». Nell’allestimento lo aiuta Gennarino, un ragazzino di undici anni. Continuamente interrotto dagli inopportuni e divertenti commenti della moglie Luisella, zio Peppe inizia il sacro rito dello scartocciamento, spiegando al suo interlocutore il significato di ogni statuina e di ogni elemento del Presepio, il quale, a mano a mano che le pagine del libro incalzano, vengono a rappresentare un Vangelo senza libro.
Lo stile è quello di una piacevole commedia napoletana, ambientata nella modesta abitazione dei due anziani coniugi. I tre interlocutori danno voce ai veri protagonisti del racconto: le statuine, che nel corso dei secoli hanno raccontato ai bambini e ai grandi il miracolo della Notte Santa, fissandola attraverso le immagini nella storia dell’umanità.
Il testo è stato scritto da chi professa con gioia e convinzione la propria Fede ed è evidente che la passione per il Presepio sospinge il narrare dell’autore che conduce con semplicità e profondità a comprendere l’autentico valore della sacra rappresentazione scenica ed il valore di ogni personaggio e dettaglio ambientale che la compongono. Nulla, di ciò che sacralmente esiste nel Presepio, è affidato al caso.
Quest’anno i Presepi sono cresciuti di numero nelle città e nei paesi d’Italia: la paura della cultura islamica, della violenza che essa spesso comporta, la presa di coscienza delle drammatiche conseguenze a cui conduce il rinnegamento delle radici cristiane da parte dei laicisti, sospinge a recuperare, almeno attraverso la presenza dei Presepi non soltanto nelle case, ma nelle scuole e nei negozi, la nostra santa e salutare Tradizione cattolica.
«Cristo è nato: rendetegli gloria! Cristo è disceso dai cieli: andategli incontro! Cristo è qui sulla terra: siatene fieri!», dichiara il Padre della Chiesa San Gregorio di Nazianzo, «Cantate al Signore da ogni angolo della terra! (Sal 95,1). Per esprimere, anzi, due concetti in una sola volta. Si allietino i cieli ed esulti la terra (Sal, 95,11), nel nome di colui che sta nei cieli, cioè, e, poi, per il fatto che sia disceso sulla terra. Cristo si è incarnato: tremate ed esultate; il timore è per il peccato, la gioia per la speranza. Cristo è nato dalla Vergine! […] Chi osa rifiutare adorazione e lode a colui che è principio e fine?…
Oggi celebriamo la nostra festa: la venuta di Dio fra gli uomini, che ci consentirà di raggiungere Dio o, per dir, meglio, di ritornare a Lui, dopo aver deposto l’uomo vecchio ed esserci rivestiti del nuovo. […] Ritengo una dimostrazione d’intemperanza […] possedere tutto ciò che è superfluo e al di là del necessario, mentre altri, impastati della stessa argilla e dotati della nostra medesima natura, soffrono la fame e si dibattono nella miseria.
Lasciamo tutto ciò ai pagani, al loro lusso e alle loro feste […] Da parte nostra, invece, che adoriamo il Verbo, se proprio una gioia debba esservi, rallegriamoci nel Verbo, nella legge divina, nelle narrazioni, in tutto ciò, insomma, donde tragga motivo questa nostra festa: solo così, infatti, la gioia sarà adatta e conveniente a colui che ci ha convocato» (La nascita di Cristo, 1, 4-6).
Fu San Francesco a dare inizio alla Tradizione del Presepe. Era il 1223 e il Santo di Assisi chiese ed ottenne l’autorizzazione da Papa Onorio III. Scelse Greccio perché gli parve similare a Betlemme, dove era stato in pellegrinaggio tre anni prima. Così raccontò la Notte Santa di Greccio Bonaventura da Bagnoregio nella Legenda maior (XX):
«I frati si radunano, la popolazione accorre; il bosco risuona di voci, e quella venerabile notte diventa splendente di luci, solenne e sonora di laudi armoniose. L’uomo di Dio [Francesco] stava davanti alla mangiatoia, pieno di pietà, bagnato di lacrime, traboccante di gioia, Il rito solenne della Messa viene celebrato sopra alla mangiatoia e Francesco canta il Santo Vangelo. Poi predica al popolo che lo circonda e parla della nascita del re povero che egli […] chiama “il bimbo di Betlemme”. Un cavaliere virtuoso e sincero, che aveva lasciato la milizia e si era legato di grande familiarità all’uomo di Dio, messer Giovanni di Greccio, affermò di avere veduto, dentro la mangiatoia, un bellissimo bimbo addormentato che il beato Francesco, stringendolo con ambedue le braccia, sembrava destare dal sonno».
2 commenti su “Scriptorium – Recensioni. Rubrica quindicinale di Cristina Siccardi”
Che delizia, che pace!
Aiutaci tu, amatissimo Gesù Bambino, a ritrovarti, a farti entrare nei nostri cuori
per Natale e per sempre!
Napoli e il Presepe, un connubio unico di bellezza, Storia e Fede. Riemerge sempre sovrana, dalla grandezza del museo di S. Martino come dall’ angolo buio di una piccola bottega. Poesia e pathos impossibili da dimenticare. Il Dio fatto bambino ci aspetta sempre e ci restituisce la Speranza. Grazie dottoressa Cristina.