Memorie di un’epoca – Aldo Moro: l’ultima vittima della seconda guerra mondiale – di Luciano Garibaldi

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 Memorie di un’epoca – rubrica mensile a cura di Luciano Garibaldi

biografie, eventi, grandi fatti, di quel periodo in cui storia e cronaca si toccano

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9 – sabato 29 novembre 2014

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Aldo Moro: l’ultima vittima della seconda guerra mondiale

di Luciano Garibaldi

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zz11Non passa giorno senza che salti fuori qualche clamorosa novità sulla vicenda di Aldo Moro, il presidente della Democrazia Cristiana rapito a Roma e assassinato dalle Brigate Rosse il 9 maggio 1978. Il procuratore generale di Roma Luigi Ciampoli ha chiesto pochi giorni fa alla Procura della Repubblica di procedere formalmente a carico di Steve Pieczenik, funzionario del Dipartimento di Stato USA ai tempi del sequestro, in quanto vi sarebbero «gravi indizi circa un suo concorso nell’omicidio» di Moro.  Pieczenik, oggi settantenne, era il superconsulente Usa del governo di Giulio Andreotti, e soprattutto del ministro dell’Interno Francesco Cossiga, per la gestione della crisi aperta dal sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate Rosse. Il giudice Ciampoli, ascoltato in audizione dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, ha dichiarato che «l’uccisione di Aldo Moro non fu un omicidio legato solo alle Brigate Rosse. Sul palcoscenico di via Fani c’erano i nostri servizi segreti e quelli di altri Paesi stranieri interessati a creare caos in Italia».

Le stesse cose chi scrive le aveva illustrate nell’agosto scorso al pubblico de “La Gardesana”, a Desenzano, dov’era stato invitato, assieme al regista Renzo Martinelli, dall’organizzatore dell’evento storico-culturale, Giovanni Terzi. In questi giorni è uscito presso Chiarelettere, con un nuovo titolo («La storia di Igor Markievic»), il libro che Giovanni Fasanella e Giuseppe Rocca avevano scritto e pubblicato anni fa da Einaudi con il titolo «Il misterioso intermediario: Igor Markievic e il caso Moro», poi ritirato in fretta dalle librerie per non rischiare una richiesta di danni miliardaria avanzata dalla famiglia Caetani (la stessa del nome della via dove fu fatto ritrovare il cadavere di Moro). Insomma, ogni giorno ce n’è una.

Sono trascorsi ben 36 anni dall’assassinio del capo democristiano che voleva convertire i comunisti e portarli al governo, e l’interrogativo si pone con sempre maggiore insistenza: chi c’era dietro i brigatisti scalzacani guidati da Mario Moretti? I servizi segreti americani o quelli sovietici? O tutti e due, inesorabilmente d’accordo nel togliere di mezzo quel democristiano testardo che aveva preso sul serio l’abile frase propagandistica di Alcide De Gasperi: «La DC è un partito di centro che guarda a sinistra»?

Dagli schermi televisivi, dalle pagine dei quotidiani, da quelle dei siti on line siamo bombardati quotidianamente dalle novità riguardanti la strage di via Fani, dove, la mattina del 16 marzo 1978, cinque servitori dello Stato – la scorta di Moro –  furono crivellati di colpi dai killer che avevano l’ordine di impadronirsi del presidente della DC. Moro fu ucciso il 9 maggio e da allora non è mai stata fatta piena luce sul più grave delitto politico del secolo. La grande stampa, la magistratura e persino i legali cui la famiglia Moro si era rivolta per far riaprire le indagini, per più di dieci anni hanno finto di ignorare la più esplosiva ipotesi avanzata sulla fine di Moro: quella contenuta nel film di Renzo Martinelli «Piazza delle Cinque Lune», uscito sugli schermi una diecina di anni or sono.

Martinelli è di sicuro uno dei registi più coraggiosi del cinema italiano. Basterebbe ricordare i suoi due film-denuncia come «Vajont» e «Porzus», dedicati rispettivamente alla tragedia della diga che uccise oltre duemila persone in Veneto, e alla strage dei partigiani monarchici ordita e attuata dai partigiani comunisti nel 1944 in Venezia Giulia. Tra l’altro si tratta di spettacoli mozzafiato perché Martinelli aggiunge, al suo amore per la verità storica, una rara maestria professionale che non fa rimpiangere giganti del cinema come Hitchcock.

Il suo film sul caso Moro fu presentato nel 2003 al Festival del Cinema di Venezia e subito confinato nell’ «index filmorum prohibitorum», nonostante contenesse rivelazioni a dir poco sensazionali. Mi limito a ricordarne due:

– contrariamente a quanto si era sempre affermato, in via Fani non vi fu alcun tamponamento, da parte di un’auto dei brigatisti, della macchina su cui viaggiava la scorta di Moro;

– sempre contrariamente a quanto si era sempre affermato, non è vero che gli assalitori spararono sugli agenti di scorta soltanto da sinistra, in quanto il maresciallo Oreste Leonardi, che viaggiava sull’auto su cui si trovava anche Moro, fu raggiunto da pochi ma micidiali colpi partiti da destra, cioè dal marciapiede, mentre l’autista fu fulminato con un solo, preciso colpo alla testa.

zz12Ebbene,  mentre l’Alfetta di scorta veniva crivellata con ben 92 proiettili in soli 15 secondi (segno che gli assassini avevano sparato a raffica, senza neppure prendere la mira), la stessa cosa non era stata possibile nei confronti della Fiat “130” su cui viaggiava Moro in quanto non si poteva certo correre il rischio di uccidere lo statista democristiano. Ed ecco dunque entrare in scena due killer professionisti dalla mira infallibile, che sopprimono autista e maresciallo lasciando incolume Moro, onde poterlo trascinare in prigionia e iniziare così la messinscena della cosiddetta «trattativa» tra Stato e BR.

E queste sono solo alcune delle sensazionali rivelazioni contenute nel film di Martinelli. Eppure, come si è detto, «fin de non recevoir». Poi, tre mesi dopo «Piazza delle Cinque Lune», usciva sugli schermi il film di Bellocchio «Buongiorno notte», e via con i panegirici. Perché? Ma perché Bellocchio dipingeva i rapitori di Moro come si voleva che fossero: cioè degli idealisti, convinti di poter fare la rivoluzione, degli illusi che avevano, sì, sbagliato, ma poi si erano ravveduti, poverini.

Ebbene, anche se non fa piacere essere in sintonia con uno dei fondatori delle Brigate Rosse, è di sicuro interesse riportare alcuni brani di una intervista concessa da Alberto Franceschini, già fondatore delle BR assieme a Renato Curcio e suo braccio destro (all’epoca del sequestro Moro era in galera assieme al suo capo), al giornalista Ulisse Spinnato Vega, dell’Agenzia Clorofilla. Franceschini ricorda Mino Pecorelli, il giornalista assassinato in piazza Cinque Lune (da qui il titolo del film di Martinelli) e afferma: «Pecorelli, prima di morire, disse che sia Usa sia Urss volevano la morte di Moro. Bisognava difendere Yalta, cioè un accordo mondiale di potere e la sua gestione, accordo che Moro combatté sia prima che durante il sequestro. Né la Cia né il Kgb potevano comunque portare a compimento un’azione del genere senza l’assenso dell’altro. Dunque tutti erano coinvolti. Moro ha giocato politicamente per salvarsi e per portare avanti il compromesso storico, che allora non piaceva agli americani e ancor meno ai russi. Un eurocomunismo con al centro il Pci avrebbe infatti portato sconquasso nell’Europa dell’Est. Ma Breznev non era Gorbaciov e non lo permise, non diede il minimo spazio di apertura».

«Secondo me», ancora Franceschini, «un’operazione di grande portata come quella del sequestro Moro non la fai se non hai qualcuno alle spalle che ti protegge. Ai miei tempi, noi militarmente eravamo impreparati. Io conosco quelli che hanno portato a compimento l’operazione: gli unici ad avere un minimo addestramento potevano essere Morucci e Moretti. Ma secondo me c’era una situazione generale di protezione, un contesto di cui erano consapevoli solo uno o due dell’intero commando».
Ragionamenti che confermano in pieno l’ipotesi lanciata dal film di Martinelli. I rapitori di Moro erano manovrati inconsapevolmente, ma qualcuno di loro agiva sapendo tutto, avendo coscienza di quel che faceva e di cosa c’era in ballo.

Il che spiegherebbe molte cose, a cominciare dalla sorprendente sorte toccata ai brigatisti coinvolti nel crimine: tutti condannati all’ergastolo, ma tutti in libertà, sia pure condizionata, a cominciare dal capo dei capi, Mario Moretti: sette condanne all’ergastolo, oggi stimato ed apprezzato dirigente di “Lombardia Informatica”, che cura il web della Regione Lombardia.

Del resto, che gli Stati Uniti volessero porre un paletto alla carriera politica di Moro è perfettamente comprensibile: in piena guerra fredda, insisteva per portare i comunisti al governo rendendoli in tal modo partecipi dei più delicati segreti di Stato, in primis la struttura militare americana sul nostro territorio. Ma anche il KGB aveva ottimi motivi per frustrare i progetti di «compromesso storico» perseguiti da Moro: un PCI cooptato nell’area del potere non sarebbe stato più un affidabile satellite per Mosca. Ed Enrico Berlinguer, all’epoca segretario del partito, non era certo un «fan» acritico del Cremlino, come dimostra l’incidente stradale organizzato per farlo fuori durante un suo viaggio in Bulgaria, ma, fortunatamente, fallito. Dunque, era opportuno anche per i sovietici che i comunisti restassero all’opposizione. Queste trame possono spiegare assai bene i mille interrogativi irrisolti del «caso Moro».

Vogliamo ricordarne uno particolarmente grave. Un anno dopo l’assassinio del presidente della DC, il giornalista Mino Pecorelli, direttore dell’agenzia di stampa e del settimanale «OP» (Osservatore Politico), annunciava «imminenti rivelazioni» sul sequestro Moro sulla base di notizie da lui apprese in un ufficio di copertura dei servizi in piazza delle Cinque Lune, a Roma (la piazza che darà il titolo al film di Martinelli). Ebbene, due giorni dopo veniva abbattuto a rivoltellate mentre saliva sulla sua auto.

Un mistero che da solo  è un thriller.

Concludiamo con i numeri del “caso Moro”:  23 sentenze, 127 condanne, 27 ergastoli. Ma in galera non c’è più nessuno. Tutti liberi. Evidentemente, la CIA o il KGB (oppure la CIA e il KGB) hanno rispettato i patti.

8 commenti su “Memorie di un’epoca – Aldo Moro: l’ultima vittima della seconda guerra mondiale – di Luciano Garibaldi”

  1. Franco el Canario

    Congetture se ne possono fare tante e tante cose strane sono all’epoca avvenute.
    Va considerato pero`che a trar fuori di galera tanti terroristi (se di area marxista) non fu la CIA, ne´il KGB bensi`
    la magistratura italiana che sappiamo quanto tiene al suo sovrano potere.
    I compagni che “avevano sbagliato”, una volta fuori, vennero “imbucati” in posti ben remunerati e di scarsa fatica dall’altro sovrano
    potere, dai mille tentacoli, chiamato genericamente la SINISTRA .

  2. Interessantissimo articolo.
    In casa mia, ed io particolarmente, eravamo convinti che l’uccisione di Moro fosse stata “voluta” dagli USA a causa
    del compromesso storico.
    E ora mi chiedo: perché da Mosca? Mosca finanziava illegalmente il PCI, e il governo con il compromesso storico
    sarebbe stato “cooptato proprio da loro”!
    Comunque l’opinione di una persona ignorantissima come me non ha certo alcun valore.

    1. Gentile Paola B. vi fu sicuramente il beneplacito del KGB, che temeva di perdere il controllo di un PCI inserito nel governo Moro e dunque deciso a privilegiare gli interessi nazionali e non più quelli dell’URSS. Non per nulla, poco tempo prima si era verificato il misterioso incidente stradale in Bulgaria, dal quale Enrico Berlingue riuscì cavarsela miracolosamente incolume. Quanto meno, un monito: “Guai a chi si fida di Moro”.

  3. La stessa tesi, se non ho capito male, è sostenuta nel libro “I giorni del diluvio” uscito alcuni anni dopo il 1978, editato da Rusconi, l’autore inizialmente anonimo si scoprì
    Qualche anno più tardi. Il libro era stato scritto dal senatore Mazzola, democristiano, se non ricordo male sottosegretario al ministero degli interni.
    Un’ulteriore osservazione può essere fatta: sostanzialmente la situazione politica italiana era bloccata con gravi conseguenze anche per il presente. (egemonia totale della cultura liberale, libertina, libertaria). Abbiamo votato un partito sedicente “cristiano” per fermare la temuta avanzata sovietica. Avanzata assolutamente impossibile, come dimostrato dalla vicenda Moro. Il voto alla d. c. si sarebbe potuto usare per altri partiti presenti nell’arena politica, o meglio progettando, attuando proposte politiche aderenti in modo effettivo alla Dottrina Sociale della Chiesa. Oggi paghiamo le conseguenze di tanti governi figli di tutte le ideologie, certamente contrari…

  4. Normanno Malaguti

    Sono tante le voci, spesso contradditorie, sul caso Moro che si resta sconcertati. La politica internazionale é certo assai diversa da quella che i burattini/burattinai hanno presentato o permesso che venissero conosciuti.
    Vorrei veramente sapere la veritià, ma temo che la conosceremo soltanto quando saremo, se Dio vorrà, al suo cospetto.

    1. Beh , forse non è tutto chiaro , ma oggi pare più evidente il fatto di essere sempre stati una colonia. E la madrepatria ha giocato le sue carte con molta spregiudicatezza anche a sinistra, cosa che a sinistra si fa ancora fatica a riconoscere. Essere stati funzionali alla demolizione geopolitica credendo di lottare per il proletariato non deve essere lusinghiero.

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