Il santo del mese – rubrica di Paolo Gulisano

1 aprile Beati Anacleto Gonzalez Flores e 3 compagni – Laici e martiri

 

 

Quest’anno la Pasqua è caduta domenica 1 aprile, e pertanto ha per così dire “oscurato” le altre memorie liturgiche di questa data. Vale tuttavia la pena ricordare alcune figure di grandi testimoni della Fede che sono celebrati in questa data: i martiri messicani della Cristiada. Martiri di quella Modernità che ha visto il ritorno della persecuzione contro i cristiani. Tra i martìri più impressionanti ci fu quello dei Cristeros, i valorosi fedeli mesicani perseguitati dal potere massonico che morirono a migliaia al grido di “Viva Cristo Re!”.

Il 1 aprile la Chiesa fa memoria di un gruppo di questi, delle vittime della persecuzione religiosa messicana, provocata dalla nuova costituzione promulgata nel 1917,  un gruppo di  otto fedeli laici dell’arcidiocesi di Guadalajara, tutti cristiani integerrimi attivamente impegnati nella difesa della libertà religiosa e della Chiesa, che furono uccisi per la loro fede cristiana tra il 1927 e il 1928. Il 1° aprile 1927 infatti furono uccisi Anacleto Gonzalez Flores e tre giovani dell’Azione Cattolica. Il martirio di questi Servi di Dio fu riconosciuto il 22 giugno 2004 da Giovanni Paolo II e furono poi beatificati il 20 novembre 2005, sotto il pontificato di Benedetto XVI.
Il più noto di questi martiri si chiamava Anacleto Gonzales Flores. Fondatore dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM) di Guadalajara, questo martire della persecuzione religiosa messicana fondò anche l’Unione Popolare, conosciuta come “U”, movimento operaio, femminile, contadino e popolare, dedito alla promozione della catechesi ed oppositore attivo del governo locale e di quello federale a causa delle misure repressive in materia di libertà religiosa. Anacleto González Flores, meglio noto come “il maestro Cleto”, fu un leader laico assai famoso tra il 1915 e il 1927, anno in cui fu ucciso dall’esercito federale, acerrimo persecutore dei cattolici messicani, agli ordini del Presidente della Repubblica Plutarco Elías Calles. La predicazione in favore del pacifismo e della non violenza nel periodo della “Guerra Cristera” (1926-1929), guadagnò ad Anacleto González Flores l’appellativo di “Gandhi messicano”.

Sposato e padre di due figli, era nato a Tepatitlán, Jalisco, il 13 luglio 1888, in condizioni assai umili, figlio di un tessitore che combatteva contro la dipendenza dall’acool. Fu seminarista e postulante presso i seminari di San Juan de los Lagos e Guadalajara. Svolse poi lavori più disparati, prima di laurearsi finalmente in Giurisprudenza nel 1921, a 33 anni. Nel 1925 “il maestro Cleto” ricevette dal pontefice Pio XI la Croce “Ecclesia et Pontifice” in riconoscimento alla sua opera di evangelizzazione a favore dei più bisognosi ed in difesa della religiosità dei fedeli messicani.
Anacleto González Flores tentò di evitare fino all’ultimo di legare l’Unione Popolare alla Lega Nazionale per la Difesa della Libertà Religiosa, che aveva dichiarato guerra al Governo di Calles già dal 1926. Trascinato dagli eventi, dovette tuttavia accettare che la sua organizzazione passasse alla lotta armata, ma ciò gli costò l’arresto il 31 marzo 1927 e la morte il giorno successivo, venerdì 1° aprile, all’età di 38 anni. I suoi aguzzini lo appesero per i pollici, dopodichè gli provocarono delle ferite con la punta della baionetta affinché rivelasse il nascondili dell’arcivescovo di Guadalajara e degli altri leader della rivoluzione “cristera”. Infine la baionetta gli penetrò il cuore e spirò. I suoi compagni di lotta e di martirio vennero fucilati nel cortile della medesima prigione.

I resti mortali del Beato Anacleto riposano nel Santuario di Guadalupe di Guadalajara, ove accorrono parecchi fedeli spinti da venerazione nei confronti di questo martire della fede cattolica in Messico.
Tra gli altri martiri ricordati il 1 aprile c’è Josè Dionisio Luis Padilla Gòmez,
Socio fondatore e membro attivo dell’Associazione Cattolica della Gioventù Messicana (ACJM), vi svolse un’intensa opera di apostolato, in particolare nel campo della promozione sociale. Era solito praticare apertamente la sua pietà: in casa, nelle strade ed in chiesa. Fu fervente devoto della Vergine Maria. Quando scoppiò la persecuzione religiosa nel suo paese, si affiliò all’Unione Popolare per partecipare con mezzi pacifici alla difesa della religione cattolica. Più volte espresse il desiderio di seguire Gesù sino al dolore, alla sofferenza ed al dono totale della propria vita. Il 1° aprile 1927, alle due di mattina, la sua casa accerchiata da un gruppo di soldati dell’esercito federale, che la saccheggiarono e poi arrestarono Luis insieme all’anziana madre ed una sorella.
Luis fu, condotto alla caserma Colorado, lungo il tragitto dovette sopportare colpi, insulti e vessazioni. Poco dopo furono arrestati e condotti alla stessa caserma anche Anacleto González Flores ed i fratelli Jorge, Ramón e Florentino Vargas González. Capendo che era ormai imminente la sua fine, Luis espresse il desiderio di confessarsi. Il suo compagno di apostolato e di prigione, Anacleto González Flores, lo confortò affermando: “No, fratello, non è più l’ora di confessarsi, ma di chiedere perdono e di perdonare. È un Padre e non un giudice che ti attende. Il tuo stesso sangue ti purificherà”.

I quattro coraggiosi compagni di prigionia recitarono dunque l’Atto di Dolore. Mentre Luis, inginocchiato, offriva a Dio la sua vita in fervente preghiera, i carnefici lo uccisero con le armi. Il giovane aveva solo ventisei anni. Con lui morirono anche i fratelli Vicente e Jorge Vargas Gonzales, che avevano dato rifugio a  parecchi sacerdoti perseguitati. Alla fine di marzo del 1927 la famiglia Vargas Gonzáles accolse in casa Anacleto González Flores, sapendo benissimo quanto potesse costare loro questo gesto. Anacleto divise la camera proprio con Jorge.
Improvvisamente, il 1° aprile 1927, tutti tutti gli abitanti della casa fra vessazioni e soprassalti furono arrestati e trasferiti alla caserma Colorado. I fratelli Florentino, Jorge e Ramón Vargas González furono rinchiusi nella stessa cella, colpevoli appunto di aver dato ospitalità ad un cattolico perseguitato. Alcune ore dopo furono rinchiusi nella cella accanto alla loro Luis Padilla Gómez ed Anacleto González Flores. Jorge, attraverso le sbarre, fece capire a Luis Padilla che sarebbero stati fucilati entro breve. Si lamentò quindi per non poter ricevere la comunione quel venerdì, ma suo fratello Ramón replicò: “Non temere, se moriremo, il nostro sangue laverà le nostre colpe”.

 

 

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