L’aborto, la disponibilità cioè della vita umana innocente e indifesa, ha aperto la porta alla cultura disumana che vuole ridisegnare l’ontologia dell’uomo e che, per farlo, ha bisogno di dichiararlo oggetto disponibile. Che si può distruggere o modellare ad libitum.
di Marisa Orecchia
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La quinta edizione della Marcia Nazionale per la Vita si innesta nel ventennale dell’Evangelium Vitae, la grande enciclica sul valore e l’inviolabilità della vita umana che San Giovanni Paolo II consegnò alla Cristianità il 25 marzo 1995. Un’enciclica che vuole collocare la questione vita, e in particolare vita nascente, dentro il cuore della Dottrina sociale della Chiesa al di là delle frequenti interpretazioni riduttive della stessa che, a parere di molti, si limiterebbe a occuparsi di rapporti economici, equità distributiva, giustizia per i poveri, etc.
L’Evangelium vitae è una lucida analisi e una denuncia della presenza nel mondo del Male che si adopera instancabilmente per uccidere l’uomo e che si organizza in “strutture di peccato”, in potentati che dirigono a livello finanziario, politico, sociale e culturale la vita dei popoli e delle nazioni, stravolgendo anche la funzione della democrazia che, da mezzo per conseguire una convivenza pacifica e rispettosa dei diritti di tutti, trova esito nella violenza della tirannide.
L’Enciclica è anche e soprattutto un inno di gioia per il dispiegarsi della consapevolezza che l’uomo, il singolo uomo, ha una sua incommensurabile dignità perché scaturisce dal seno della Trinità alla cui contemplazione è destinato per l’eternità. Risuona più volte nell’Evangelium vitae l’incipit della prima lettera di Giovanni: “Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita … noi lo annunciamo anche a voi, perché siate in comunione con noi” . Parole che ci richiamano al dovere ineludibile di comunicare la nostra certezza sul valore della vita dell’uomo.
Non possiamo tacere. Come credenti siamo chiamati ad un grande sforzo per promuovere la cultura della vita con ogni mezzo e iniziativa e, in particolare, “ una grande preghiera per la vita che attraversi il mondo intero” (n.100), ma – aggiunge San Giovanni Paolo II- a questo sforzo sono chiamati anche tutti gli “uomini di buona volontà” perché “ il Vangelo della vita non è esclusivamente per i credenti: è per tutti. La questione della vita e della sua difesa e promozione non è prerogativa dei soli cristiani “ (n. 101).
La Marcia per la Vita, che cade quest’anno domenica 10 maggio, è una risposta alle esortazioni di San Giovanni Paolo II e acquista perciò quest’anno un’ulteriore pregnanza di significato e importanza.
Chi ha vissuto le precedenti edizioni ha potuto constatare che tra le decine di migliaia di persone che sfilavano per le vie di Roma, tra i credenti che pregavano, cantavano, innalzavano stendardi di associazioni religiose, numerosi erano anche coloro che appartenevano ad altre religioni. Unico collante la volontà di manifestare il rispetto per la vita umana e il rifiuto dell’aborto volontario e delle leggi che lo consentono. Perché proprio questo si propone la Marcia per la vita: non un generico appello alla tutela della vita, ma un no chiaro e deciso all’aborto procurato.
Abbiamo assistito e anche partecipato in questi ultimi mesi a numerose iniziative, nel nostro Paese, ma anche nella vicina Francia, nelle quali, anche con grande concorso di popolo, si è manifestato contro una cultura che vuole imporre con ogni mezzo un’antropologia nuova che scardina la nostra civiltà, che mira a snaturare l’uomo per farne un cieco strumento nelle mani di chi detiene il potere. Una cultura che, con il supporto delle istituzioni nazionali e sovranazionali vuole distruggere la famiglia e impadronirsi dei giovani con un’educazione pervertita. Una cultura che ha trovato giustamente resistenza in tanti che hanno occhi per vederne gli esiti futuri e che non vogliono rassegnarvisi.
Vorrei qui ricordare che il grimaldello usato da questa cultura, che si configura come una grande congiura contro l’uomo, è stato proprio la legalizzazione dell’aborto.
L’aborto, la disponibilità cioè della vita umana innocente e indifesa, ha aperto la porta a questa cultura disumana che vuole ridisegnare l’ontologia dell’uomo e che, per farlo, ha bisogno di dichiararlo oggetto disponibile. Che si può distruggere o modellare ad libitum. Questo, credo, sia importante non dimenticare, mentre ci si oppone all’educazione gender nelle scuole, al matrimonio omosessuale, alla stepchild-adoption, alla demolizione della famiglia e via di seguito. L’aborto è la porta spalancata su questo baratro. Non è battaglia di retroguardia, quella contro l’aborto, come pare siano in molti a pensare, non è battaglia da lasciar perdere in nome di un certo realismo politico, nel timore magari di perdere certe alleanze, ma è battaglia di frontiera cui non è possibile sottrarsi se non si vuole perdere anche tutte le altre posizioni.
A questo ci richiama la Marcia per la Vita, contro l’aborto, senza compromesso. A questo ci invitano le parole del Vangelo della vita.
2 commenti su “La marcia per la vita quest’anno ha una valenza in più: si innesta nel ventennale dell’Evangelium Vitae – di Marisa Orecchia”
Anch’io sono d’accordissimo sul termine “grimaldello” da lei usato, cara Marisa.
E’ più che vero che l’aborto sia stato l’apertura “a volte compassionevole” per portare l’umanità
nel baratro.
L’aborto è stato l’albero demoniaco i cui frutti sono, appunto, il gender, il matrimonio omosessuale,
ecc.
Preghiamo Colui che è VITA, affinchè provveda.
Splendido articolo, che condivido in pieno!