Impossibile non approfittare del fatto che siamo in anno bisestile per non parlare di un santo che viene festeggiato il 29 febbraio, una data che cade ogni quattro anni! La Chiesa non fa mancare nel suo calendario liturgico dei santi anche per questo giorno che ricorre solo periodicamente. Vediamo dunque chi si festeggia oggi: un santo francese, un missionario in Cina, un grande Paese dove la Chiesa ha vissuto una storia dolorosa e gloriosa. La storia dell’evangelizzazione della Cina è costellata da innumerevoli martiri, missionari europei, clero locale, catechisti cinesi, fedeli convertiti, che donarono la loro vita, durante le ricorrenti persecuzioni, fin dall’arrivo dei primi evangelizzatori, che si alternarono a periodi di pace e di proficua missione, scatenate o sobillate da bonzi invidiosi, fanatici “boxer”, crudeli mandarini e imperatori, soldataglia avida di sangue e saccheggi.

In questa eroica schiera di martiri caduti negli ultimi quattro secoli, è compreso sant’Augusto Chapdelaine, missionario dell’Istituto delle Missioni Estere di Parigi. Era nato a La Rochelle in Francia, sulla costa atlantica, il 6 gennaio 1814 in una famiglia di contadini. Era nato dopo le vicende terribili della Rivoluzione, e dell’epoca Napoleonica. Nasceva in un Paese lacerato e ferito dove la Fede perseguitata rappresentava ancora un punto di riferimento forte e sicuro per i figli di una civiltà contadina. Lui stesso coltivava i campi con i suoi fratelli, fino ai vent’anni, ma il suo sogno era consacrare nel sacerdozio la sua vita a Dio. Dopo la morte di due dei suoi familiari e la riduzione della superficie dei terreni, lasciò la vita dei campi e si dedicò alla desiderata carriera ecclesiastica.
Frequentò il Seminario diocesano e fu ordinato sacerdote nel 1843; ebbe il compito, prima di vicario e poi di parroco in un piccolo villaggio, ma fin dall’inizio del suo Ministero, si rese conto che la sua autentica vocazione era la Missione. Nel 1851 entrò nel noviziato dell’Istituto delle missioni estere di Parigi, una meritoria opera missionaria fondata in Francia nel XVII secolo. Nel 1653 un gesuita, Alexandre de Rhodes, dopo aver svolto opera missionaria in Asia era rientrato in Francia e aveva cercato di convincere altri chierici e seminaristi a farsi missionari per l’Estremo Oriente. Il suo intento principale era quello di costituire una gerarchia cattolica in quelle terre, dove le comunità cristiane erano ormai numerose, e di formare sacerdoti nativi del luogo. Nel 1657 una delegazione di cinque ecclesiastici francesi fu ricevuta in udienza da papa Alessandro VII che accolse le loro istanze e nominò due vicari apostolici per la Cocincina e il Tonchino, che a loro volta prima di partire aprirono a Parigi un seminario per formare i missionari destinati alle loro Chiese e nel 1663 la sede dell’istituto venne stabilita in rue du Bac: una via di Parigi diventata famosissima nel XIX secolo quando a Suor Caterina Labourè, giovane novizia delle Figlie della Carità, toccò la grazia di intrattenersi per ben tre volte con Maria Vergine, ricevendo la visione della Medaglia Miracolosa, una delle più belle devozioni della Chiesa degli ultimi 200 anni. La Santa Sede approvò la Società per le missioni estere di Parigi l’11 agosto 1664, e i padri della società estesero rapidamente il loro territorio d’azione dal Vietnam alla Cambogia, dalla Birmania al Laos e alla Cina; dopo la soppressione della Compagnia di Gesù sostituirono i gesuiti nelle missioni in India. Il seminario di rue du Bac rimase chiuso tra il 1792 e il 1815, a causa della Rivoluzione francese. Padre Augusto dunque entrò a far parte di questa congregazione tanto benemerita, che lo inviò in Cina a fare apostolato, ossia annunciare Cristo e il suo Vangelo a coloro che ancora non lo conoscevano. In tempi recenti, dopo il Concilio Vaticano II, molti intellettuali nella Chiesa hanno purtroppo svalutato il ruolo prezioso dalla Missione, intesa anzi tutto in questo modo, come proposta di Cristo e della Sua salvezza a tutte le genti. Qualcuno antepone all’evangelizzazione la “promozione umana”, altri addirittura prendono nettamente le distanze da ciò che chiamano “proselitismo”. Con questo termine si intenderebbe l’”arruolare” tra le proprie fila dei neofiti della Fede, ma l’impressione è che per molti “innovatori” si tratti solo del chiamarsi fuori dall’impegno, peraltro indicato dallo stesso Cristo, di annunciare il Vangelo a tutto il mondo, sostituendo questo annuncio con un non meglio precisato “dialogo” con i lontani. Non era così per padre Augusto, che era acceso dal desiderio di far incontrare ai cinesi la bellezza del Cristianesimo. Così si mise a percorrere un vasto territorio in lungo e in largo, facendo decine di conversioni, finchè un uomo di costumi corrotti,avendo saputo che una donna da lui sedotta, si era convertita al cristianesimo, denunciò la presenza del missionario al mandarino di Sy-Lin-Hien, acerrimo nemico dei cristiani, accusandolo di sobillare il popolo, fomentando disordini. Il mandarino allora inviò le sue guardie a Yan-Chan, dov’era padre Augusto Chapdelaine per arrestarlo, ma questi avvertito in tempo, sfuggì alla cattura. Purtroppo ben presto venne individuata la casa che lo ospitava di nascosto. Il 25 febbraio 1856, la casa venne circondata dalle guardie e perquisita, e padre Chapdelaine fu fatto prigioniero insieme a quattro fedeli cristiani che l’avevano accompagnato.
La retata di cristiani continuò e produsse 25 prigionieri, che furono incarcerati e torturati. Il 26 febbraio il missionario fu interrogato e accusato; ricevette centinaia di colpi di bambù che lo resero tutto una piaga. Il giorno dopo fu incatenato con le ginocchia piegate e strette sopra delle catene di ferro e così rimase in quella dolorosissima posizione fino al 28, in attesa di un ingente riscatto che era stato richiesto alla comunità cristiana. Fu condannato a morire nella gabbia e il 29 febbraio 1856, con il collo entro un foro del coperchio superiore e il corpo sospeso, il missionario atrocemente per soffocamento. La sua testimonianza eroica fortificò i fratelli nella fede, e la fama della sua santità, dell’esempio della sua vita buona non fu vano.
Padre Augusto Chapdelaine fu beatificato il 27 maggio 1900 da papa Leone XIII e in seguito proclamato santo il 1° ottobre 2000 da papa Giovanni Paolo II.

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