SPECIALE GUARESCHI Mio padre mi ha indicato la strada della verità e della dignità. Intervista ad Alberto Guareschi – di Cristiano Lugli

Nel 2018 ricorrono il centodecimo anniversario della nascita e il cinquantesimo della morte di Giovannino Guareschi (Primo maggio 1908 – 22 luglio 1968). Riscossa Cristiana gli dedica queste due giornate nella certezza un cristiano della sua razza abbia ancora tanto da dire alle persone di buona volontà in tempi così difficili.

 

Il 2018 è un anno molto importante per la letteratura italiana, giacché ricorre il cinquantesimo anniversario dalla morte di messer Giovannino Guareschi, l’uomo dei miracoli letterari, giornalistici e umoristici. L’eredità lasciata da questo gigante è sempre faticosa da descrivere e le parole sembrano non bastare. Ciò che è certo è che per molti di noi Guareschi è diventato un compagno di vita, una presenza che mai stanca e, anzi, ha sempre qualcosa in più da insegnare, riga dopo riga, racconto dopo racconto. Quella capacità di raccontare il vivere quotidiano ha fatto di Guareschi non solo un grande scrittore e un grande giornalista, ma anche un grande uomo e un grande cristiano. Un cristiano d’altri tempi potremmo dire.

Le nostre parole, come detto, non basterebbero a descrivere quest’uomo e, dunque, vogliamo ascoltare chi gli è vissuto accanto. Alberto Guareschi – Albertino nei racconti del papà – ci racconta il vivere quotidiano della sua infanzia, riportandoci con la mente e con il cuore in quel Mondo piccolo di cui la nostra società, oggi, confusa e freneticamente avvolta nella nebulosa delle più basse inutilità, tanto avrebbe bisogno.

Signor Guareschi, quest’anno ricorrono i cinquant’anni dalla morte del grande Giovannino. Come vivrete questa importante ricorrenza?

Seguirò con la mia famiglia e con il prezioso aiuto dei Soci del Club dei Ventitré – l’associazione che vuole essere un punto di riferimento per gli appassionati di mio padre – tutte le iniziative che sono già sorte e che sorgeranno, mettendo a disposizione all’occorrenza il materiale dell’archivio che mi ha lasciato mio padre.

Come pensa che la vivranno tutti i grandi appassionati di Guareschi?

Io credo che seguiranno con grande interesse le manifestazioni legate a questa ricorrenza e anche con soddisfazione perché, dopo un lungo colpevole (e colposo) silenzio su di lui, finalmente si parlerà di mio padre come grande scrittore e grande uomo senza condizionamenti ideologici.

Continuiamo allora a parlare di suo padre, ma soprattutto della vita quotidiana accanto a lui

Mio padre era un uomo completo che con le sue scelte di vita mi ha indicato la strada da percorrere, nel rispetto della propria dignità e alla continua ricerca della verità, che è trascendente.

Guareschi è stato uno scrittore senza eguali, eppure ha sempre vissuto come una persona normalissima. È così?

Veramente mio padre, giocando sul paradosso, ha scritto di aver ricevuto tutte le accuse possibili meno che quella di essere un intellettuale… Era una persona normale che scriveva con il preciso intento di farsi capire da tutti parlando della quotidianità, argomento che evidentemente coinvolge tutti.

E com’era la vostra quotidianità in famiglia?

Per me e mia sorella la vita che conducevamo in famiglia rappresentava la normalità; l’unica differenza che notavamo tra la nostra famiglia e quella dei nostri amici, stava nel fatto che nostro padre lavorava in casa, e quindi bisognava lasciarlo lavorare tranquillo.

Ci racconti del periodo in cui suo padre è stato prigioniero nei lager tedeschi.

I miei ricordi sono vaghi perché quando mio padre è stato catturato dai tedeschi io avevo solo tre anni, e al suo ritorno ne avevo cinque. Mi sono fatto semplicemente un’idea della situazione in cui si trovava nei Lager guardando come era ridotta mia madre e tutta la nostra famiglia leggendo tra le righe delle lettere che sono riusciti a scambiarsi. Era un “gioco delle parti” dove ognuno mentiva all’altro per tranquillizzarlo…

E con sua sorella Carlotta, detta la Pasionaria, che tipo di rapporto aveva Giovannino?

Un rapporto speciale grazie anche a dono dell’umorismo che mia sorella aveva ereditato da lui.

Quanto le manca Carlotta e come vorrebbe ricordarla qui?

La scrivania di mia sorella è desolatamente, insopportabilmente vuota. Al mattino mi illudo sempre di sentire la sua voce dl basso che mi chiama: «Andiamo a bere un caffè?»

C’è un ricordo di suo padre che più di tutti gli altri si porta stretto nel cuore?

Una sera, dopo la cena, si è fermato a tavola con me e, mentre stava creando nella sua mente la scaletta del Compagno don Camillo man mano me la raccontava. È stata una cosa emozionante. La serata, lunga, intensa ed emozionante si è conclusa all’una di notte.

Suo padre è ancora uno degli autori italiani più tradotti e letti al mondo: qualcuno dice che siano i soliti nostalgici a leggere Guareschi, eppure ci pare che sia letto anche da tantissimi giovani, è vero?

Tra i visitatori della nostra piccola realtà locale che comprende un centro studi, una mostra antologica permanente e l’archivio Guareschi (200.000 documenti) ci sono moltissimi i giovani che, grazie ai loro professori anticonformisti e ai genitori che hanno consegnato loro i suoi libri, lo hanno scoperto e lo leggono. Molti di questi lo hanno “promosso” dal ruolo di scrittore a quello di compagno di vita.

A proposito di giovani, sembra che molti di questi abbiano iniziato ad amare la Messa di don Camillo…

Spero proprio che questa notizia risponda a verità perché abbiamo tutti bisogno di ritrovare la Sacralità che oggi pare solo un optional, in balia delle variazioni sul tema legate alle iniziative profane di molti celebranti.

Mi permetta di farle una domanda su una cosa che ho sempre sentito dire ma che, ora, vorrei sapere da lei: quali sono stati gli oggetti che nel giorno del funerale (celebrato con la “Messa di don Camillo”) sono stati messi con suo padre nella bara?

Mia sorella gli mise in tasca la matita portamine che lui ha usato per tanti anni e io di fianco il suo martellino per i lavori di precisione di cui era molto geloso. Gli abbiamo lasciato nella tasca dei pantaloni le cose che mia madre gli aveva inviato nel Lager per fargli sapere che tutto “funzionava bene”: la scarpina da neonata di mia sorella macchiata e un pezzetto di formaggio con il segno dei miei denti.

Qual è l’insegnamento più grande che suo padre le ha lasciato?

Con le sue coraggiose e dolorose scelte di vita, quello di non tradire mai i propri ideali di gioventù.

 

 

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